La funzione comunicativa come parte attiva nel setting terapeutico: un nuovo percorso è possibile?
Testimonianze | Ottobre 2022
Autore: Flavia La Gona

Nell’attuale periodo post-Covid 19 si è compresa l’importanza di assumere una posizione resiliente ed essere pronti ad apportare alcuni cambiamenti per potersi adattare al meglio alle condizioni esterne.
In questo frangente, non si può dare spazio ad una realtà a priori, per il semplice motivo che la realtà che da ogni singolo cambiamento proviene, positivo o negativo che sia, risulta in continuo divenire e va letta, in base alle pratiche deontologiche ed esperienziali del clinico.
La lettura della realtà psicologica nell’epoca postmoderna, può essere individuata in alcune teorie di riferimento che riguardano prettamente l’ambito della comunicazione, quali l’ “interazionismo simbolico” e la consapevolezza di adottare un approccio attivo nella relazione con uno o più soggetti.
Uno degli aspetti pregnanti della clinica in ambito psicologico risulta la propria facoltà di comunicazione e di lavorare su di essa.
La funzione relazionale della comunicazione serve per realizzare la rete delle relazioni nel contesto in cui l’individuo è inserito ed è costruita, rinforzata e talvolta modificata proprio dal valore comunicativo delle parole. La comunicazione è infatti la radice della socialità intrinseca di cui parla l’autore Vygotskij [1]; infatti, oltre a generare e sviluppare un’interazione di una certa valenza con gli altri, la comunicazione nel suo potere, risulta fondamentale nel rinnovare e mantenere le relazioni nel tempo. Una relazione va costantemente sostenuta con chiari ed efficaci segnali e messaggi che rafforzino il tipo di relazione in atto tra due o più persone.
Di seguito, si menzionano, quindi, svariati veicoli di comunicazione linguistica con funzioni differenti fra loro, le quali sono in particolare, il linguaggio, che prevale su qualunque forma di comunicazione, in quanto è capace di veicolare una moltitudine di elementi distinti di informazione; si può comprendere il linguaggio verbale e non verbale od ancora, segni di lettura universale.
Un’altra forma di comunicazione è la scrittura, la quale, anche se solitamente non è in grado di produrre nessun suono o melodia, come nel caso della parola che può suscitare precise sensazioni ed immaginazioni a livello descrittivo. Nel caso della narrazione auto-biografica, che possiede una dimensione catartica che spesso, dona valore alle parole utilizzate, con una doppia funzione terapeutica utile ad esorcizzare contenuti vissuti in maniera disfunzionale.
Contrariamente alle varie forme di scrittura, una fotografia o una raffigurazione per immagini, può entrare immediatamente in un flusso comunicativo ed essere strumento di comunicazione a sé stante; il suo valore comunicativo risiede nella costruzione di una serie di immaginazioni che assieme, hanno la possibilità di aiutare a comunicare la dimensione dialogica e clinica del paziente. Non a caso, nelle facoltà del paziente, si propone un corso di pittura o di fotografia, poiché rappresentano delle scorciatoie terapeutiche attuabili per poter trasmettere con un canale ammortizzato le proprie emozioni più vivide.
La comunicazione è un’attività relazionale articolata, che telematicamente o in presenza, va a toccare le radici dell’identità personale e del contesto sociale di ciascuno e va letta oltre le singole parole, ascoltando pause, ridondanze ed emozioni; in quanto è rivelatrice e parte performante del sé soggettivo, la comunicazione è una condizione essenziale del benessere e del disagio psicologico, le quali si misurano in un’accezione sia temporale che emotiva. Infatti, la dimensione patologica è strettamente collegata con quanto gli altri ci hanno antecedentemente comunicato a parole, con i gesti o con i fatti e per tale motivo, in un secondo momento, necessita di essere revisionata ed adattata alle proprie aspirazioni individuali.
Su questa premessa, numerosi psicologi clinici, hanno ipotizzato una stretta interdipendenza fra i disturbi comunicativi e i disturbi psicopatologici, in quanto i modi di comunicare costituiscono fattori fondamentali per la genesi e il mantenimento dei disturbi mentali.
In tale periodo post pandemico, l’intervento clinico-sociale dello psicologo consiste nell’individuare in maniera attiva gli strumenti psicologici più consoni, scelti sapientemente in base alle caratteristiche del singolo, ovvero facendo riferimento sul sistema di significanti di ciascuno e del contesto di riferimento, attraverso il quale si possa lavorare sul “come” nel presente, si possa cambiare una condizione di disagio, senza identificarsi sul perché od ancora, colpevolizzarsi per la presenza di una problematica. Il clinico attribuisce ai propri strumenti una funzione di tipo flessibile, capace di fornire delle possibilità alternative alle costruzioni psicologiche presentate dalla persona.
All’interno del setting con uno psicologo, tenendo conto dell’ausilio di strategie dialogiche importanti, quali l’uso della tecnica del role playing, della presa in carico di regole interattive e delle proprie facoltà auto-narrative, si entra nell’ottica di mettere in pratica tutto ciò che sia in grado di aiutare la persona a re-inventarsi ed a investire in più versioni di sé stessa, al fine di trovare il migliore adattamento al posto della realtà raccontata.
Il fatto che la società di oggi si fondi su una realtà, a tratti alterata dall’abuso dei social e del cyber web, che richiama tutti ad essere sempre connessi, non aiuta in maniera consapevole alla percezione e alla costruzione di una sana identità; tale possibile distorsione delle identità è spesso dovuta alla contraddittorietà delle informazioni che recepiamo ed a causa dell’emergere di situazioni critiche riscontrabili, ad esempio, nei conflitti generati dall’incontro fattivo di diverse caratteristiche culturali, nella conseguente fuga delle idee, estraneità dal corpo e dalla possibilità di modificare la propria esteriorità attraverso tecniche chirurgiche speciali che promuove l’uso di nuove forme di comunicazione.
Queste nuove modalità sociali di vivere la realtà, si rivelano croce e delizia degli aspetti problematici che si sono resi evidenti nel periodo precedente la Pandemia da Covid-19 e richiedono l’attenzione adeguata per definire meglio una prassi di tipo bio-psico-sociale, che utilizzi interventi funzionali alle problematiche del mondo attuale.
In quest’ottica, il valore che può assumere il disagio psicologico, inteso come sintomatologia riconducibile per esempio all’ansia od alla depressione, oggi ha la possibilità di assumere altri significati, se non quelli che la persona considera per descrivere il proprio stato di dolore. L’alleanza con il paziente ed i colloqui, intesi nel qui e ora come un’autobiografia, che attende di essere trasformata nella migliore versione di sé, che non necessariamente richiede una descrizione diagnostica, la quale può essere castrante, ma che diversamente, ne riorganizzi le peculiarità simboliche oltre gli spazi immaginati dal paziente.

NOTE

[1] Lev S. Vygotskij, Pensiero e linguaggio, Firenze, Giunti Editore, 2007.

 

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