Lunedì 24 novembre, nella cornice di Palazzo dei Normanni sede dell’Assemblea Regionale Siciliana, si è tenuto un interessante convegno sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole e sulla prevenzione della violenza di genere.
Rappresentanti della politica, delle professioni sanitarie, sociali ed educative hanno aperto un proficuo tavolo di confronto su temi urgenti sui quali, ancora, si stenta a prendere posizioni e decisioni veramente efficaci. E lo hanno fatto con competenza scientifica, profondità culturale ed umana, con passione e determinazione.
È stata invitata a partecipare anche la presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana Vincenza Zarcone, in rappresentanza della comunità professionale.
Riportiamo di seguito il testo integrale del suo contributo.
Onorevoli Deputati, rappresentanti delle diverse professioni e realtà educative, Colleghe e Colleghi, è un onore essere oggi qui, in un luogo simbolo della responsabilità pubblica e delle scelte che orientano il futuro della nostra comunità. Siamo qui per discutere di un tema che oggi non è soltanto educativo, ma profondamente politico, sanitario e culturale: l’educazione all’affettività. E quella di oggi è una data perfetta: 4 giorni fa, nella Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, abbiamo celebrato la Convenzione ONU del 1989, che ci ricorda che bambini e adolescenti sono titolari di diritti propri, diritti che le istituzioni hanno il dovere di proteggere e promuovere. Domani celebriamo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ringrazio gli organizzatori, l’Onorevole Mario Giambona, chev ha voluto questo momento di confronto, perché oggi non dobbiamo limitarci a celebrare giornate o a parlare di questi temi: dobbiamo assumerli come responsabilità collettiva. Come Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana, rappresentiamo oltre undicimila professionisti e professioniste che ogni giorno operano nei servizi, nelle scuole, nei consultori, nei contesti sanitari, sociali e clinici. Portiamo qui la nostra competenza tecnica, ma anche la responsabilità etica e una solida capacità di analisi e di visione sistemica, propria di una comunità che da anni rivendica la centralità della prevenzione, della promozione del benessere relazionale e della tutela dei minori. Viviamo in una fase storica in cui assistiamo ad un aumento di ansia e ritiro sociale tra i preadolescenti, l’esposizione alla pornografia avviene spesso a 9-10 anni, aumentano fenomeni come revenge porn, violenze tra pari, relazioni affettive segnate da controllo o possesso. Si è abbassata l’età del menarca e dei primi rapporti sessuali. Siamo davanti a una trasformazione profonda delle relazioni, non soltanto in senso negativo. Ma qui oggi ci serve parlare dei rischi che i ragazzi corrono, al di là delle tante risorse che possiedono. E ignorare tutto questo significa lasciare che la violenza, anche quella dal maschile sul femminile, continui a germinare e consolidarsi negli anni della crescita. E la scuola è sempre più chiamata, non solo a trasmettere saperi, ma a educare alla complessità delle relazioni, ai diritti, alla consapevolezza emotiva, al rispetto di sé e dell’altro, e al limite. Lo dicono l’OMS, l’UNESCO, lo dicono decenni di ricerche internazionali: “le competenze socio-affettive incidono più dei contenuti cognitivi nel determinare salute mentale, capacità di cooperazione, prevenzione della violenza e degli abusi”. L’UNESCO sottolinea che l’educazione socio-affettiva “riduce i comportamenti aggressivi, rafforza la resilienza e sostiene la capacità dei giovani di prendere decisioni responsabili”. L’educazione affettiva e sessuo-affettiva non serve ad anticipare o indirizzare scelte individuali, ma ad aiutare bambini, bambine, ragazzi e ragazze a conoscersi, rispettarsi e sentirsi al sicuro nel proprio percorso di crescita. L’educazione sessuo-affettiva è anche promozione della parità di genere, della responsabilità affettiva, della prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e delle gravidanze precoci, attraverso un’informazione corretta, scientifica e priva di pregiudizi. È prevenzione del bullismo, anche omotransfobico e della violenza di genere. Le azioni e i contenuti ovviamente devono essere calibrati in base all’età. Fondamentale è la collaborazione con le famiglie, che hanno un ruolo insostituibile nel percorso educativo. I genitori hanno il diritto di essere informati, sostenuti e accompagnati, ma non possono essere lasciati soli né ridotti al ruolo di controllori o censori, travolti da paure legittime ma spesso alimentate da disinformazione e semplificazioni ideologiche. Le resistenze che incontriamo non provengono dai bambini e dai ragazzi, provengono dagli adulti. Del resto è di un adulto, anzi di un Ministro della Repubblica Italiana, la spiegazione, espressa pubblicamente, con convinzione, che l’uomo abbia una resistenza genetica alla parità con la donna. Viviamo in un Paese in cui parlare di emozioni e di corpo è ancora difficile, in cui persistono stereotipi di genere radicati, e in cui spesso la paura è confusa con il pudore. Ma la scuola non è chiamata a custodire le irrisoltezze degli adulti: è chiamata a proteggere i minori. E per farlo ha bisogno di strumenti, competenze, continuità e alleanze professionali. È qui che entra il tema centrale del consenso. Non solo come concetto giuridico, ma come competenza psicologica di base. Questo passaggio storico richiede che il tema del consenso diventi parte integrante dell’educazione affettiva e relazionale sin dalla più tenera età: nessuno può esercitare davvero questo diritto se non ha imparato, da bambino, a riconoscersi, a sentirsi legittimato, a dire “no” quando serve e a dire “sì” in modo consapevole, e soprattutto a comprendere ed accettare il “no” dell’altro o dell’altra. Imparare a riconoscere, esprimere e rispettare i confini propri e altrui significa prevenire violenza, abusi e dinamiche predatorie. La cultura del consenso non nasce nei tribunali: nasce nelle classi della scuola primaria. Ed è proprio per questo che il disegno di legge Valditara, prevedendo il consenso scritto e l’esame dei materiali utilizzati da eventuali esperti esterni, da parte dei genitori, per accedere ai percorsi di educazione sessuo-affettiva, presenta un limite evidente. Per molti adolescenti che vivono conflitti familiari, paura, vergogna o contesti disfunzionali, la richiesta del consenso dei genitori significa non poter chiedere aiuto, non poter accedere a percorsi di prevenzione e tutela, non poter comprendere ciò che vivono. È una fragilità del sistema che rischia di lasciare soli proprio coloro che più avrebbero bisogno di essere accompagnati. Molti Paesi hanno adottato da anni il principio dell’autonomia progressiva del minore, riconosciuto anche dal Comitato ONU per i Diritti dell’Infanzia: i ragazzi, crescendo, devono essere messi nella condizione di partecipare attivamente alle scelte che riguardano la loro salute, il loro corpo, il loro benessere emotivo e relazionale. È un cambio di paradigma che in Italia stenta ad emergere, specialmente in ambito scolastico e psicologico. Quando parliamo di diritti di bambini e adolescenti ne dimentichiamo uno, che nel nostro Paese merita ancora più coraggio e visione: il diritto di accedere ad educazione affettiva, sessuale e supporto psicologico senza che il consenso genitoriale diventi una barriera insuperabile. Il D.D.L. Valditara, in discussione in queste settimane alla Camera, inoltre, oltre a creare una barriera all’accesso per molti minori, esclude inspiegabilmente il contributo dei professionisti competenti, come psicologhe e psicologi, che da anni operano con rigore scientifico su questi temi. In questo quadro è fondamentale valorizzare il contributo delle diverse professionalità coinvolte ed un intervento sociale e culturale che richiede una rete stabile: psicologi, pedagogisti, insegnanti, dirigenti, consultori, servizi territoriali, famiglie, decisori politici. Psicologi, pedagogisti, insegnanti non svolgiamo la stessa funzione: e proprio per questo il contributo di tutti noi è necessario. Si tratta di saperi ed azioni diversi, che non devono sovrapporsi ma interagire. È dall’incontro di queste competenze che nasce una prevenzione solida, efficace e capace di incidere anche sulla radice culturale della violenza di genere. Nessuno da solo può affrontare la complessità delle relazioni umane e dei processi che portano, talvolta, alla violenza. Ma insieme, in una comunità educante integrata, possiamo davvero costruire sicurezza relazionale, prevenire la violenza di genere, e proteggere le nuove generazioni. A questo si aggiunge un altro chiarimento importante: la psicologia, divenuta professione sanitaria mantiene una forte vocazione psicosociale, non si occupa solo di diagnosi e patologia. D’altra parte, il mandato sanitario comprende pienamente prevenzione, promozione del benessere, educazione psicologica, sviluppo armonico, salute di comunità. L’OMS definisce la salute come “completo benessere fisico, mentale e sociale, non semplice assenza di malattia”. L’educazione sessuo affettiva rientra in questa definizione a pieno titolo. È un intervento integrato psico socio sanitario volto a prevenire, proteggere, costruire. Per questo, come Ordine degli Psicologi della Sicilia, siamo pronti a dare il nostro contributo istituzionale e tecnico scientifico, anche in questa sede, per tutte le iniziative necessarie a raggiungere obiettivi comuni: un Tavolo Tecnico Regionale Permanente sull’educazione affettiva e la prevenzione della violenza; un programma strutturato di formazione sulle competenze emotive ed affettive; la realizzazione di una legge regionale sull’educazione sessuo affettiva nelle scuole di ogni ordine e grado, e l’introduzione, finalmente, di un modello stabile e non episodico di psicologia scolastica, in attesa di una legge nazionale, che non sappiamo se, quando, e come sarà attuata. Negli anni si sono succedute numerose proposte di legge sulla psicologia scolastica che, per ragioni diverse, non hanno trovato concreta attuazione. Oggi, però, i tempi sono maturi perché la Sicilia, anche in virtù della sua autonomia statutaria, possa finalmente compiere un salto di qualità in questa direzione. Concludo, tornando al tema e ribadendo l’importanza di questo convegno e di questo confronto interistituzionale e interprofessionale. Perché il futuro delle relazioni non accade da solo. Il consenso non nasce da un decreto. La prevenzione si costruisce. Si educa. E si educa insieme. Grazie.
Video dell’intervista ai relatori trasmessa su Siciliauno.