Da qualche anno Vittorio Lingiardi scrive su Il Venerdì di Repubblica di cinema, brevi schede dedicate a un film o una serie all’interno di una rubrica titolata Psycho. Queste schede sono state adesso raccolte in un testo pubblicato da RaffaelloCortina Editore con una prefazione di Natalia Aspesi e una dello stesso autore che racconta brevemente il suo rapporto con il cinema. Il titolo è molto fuorviante, a parer mio, perché come Lingiardi chiarisce sin da subito, si va al cinema come paziente più che come analista. Non quindi delle vere e proprie recensioni sono contenute in queste schede, piuttosto riflessioni e catene associative a partire da. Nella mia vita personale cinema, musica e letteratura sono sempre state, molto prima e molto più che i saggi scientifici, i materiali base della mia formazione, di conseguenza non posso non trovare prezioso questo testo. Testo che è come un grande contenitore di storie che contengono altre storie, come una matrioska da aprire ripetute volte, che ogni volta riserva sorprese. Per ripensare a film, per scoprire nuove visioni, e possibili nuovi punti di vista sulle visioni stesse. Perché, come dice Lingiardi, una mente che incontra una storia non sarà più la stessa ma anche una storia che incontra una mente non sarà più la stessa, in un processo di cocostruzione molto isomorfo, questo sì, al processo analitico. Ed anche per alimentare l’insostenibile nostalgia delle sale, da troppo tempo inopinatamente chiuse.