Il lavoro clinico e la violenza relazionale: un metodo di intervento
Autore: Bartolomeo Favacchio

Normalmente per violenza relazione intendiamo quel tipo di violenza che si verifica all’interno delle relazioni, siano esse di coppia o tra genitore e figlio. Può essere:

  • Violenza fisica (percorse)
  • Violenza psicologica (minacce, umiliazioni)
  • Violenza verbale (urla, insulti)
  • Violenza sessuale (stupri)
  • Violenza Economica (controllo del denaro o furto del denaro)

Quasi sempre, nell’ambito della violenza, c’è un abusante ed una vittima: il primo cerca di esercitare un controllo sul secondo con una sorveglianza continua, causata da una gelosia patologica, senza ragione, prodotta dalla sua insicurezza e da schemi di pensiero disfunzionali. L’abusante è un prepotente e usa minacce, punizioni, sensi di colpa per ottenere ciò che vuole. Nel suo apparire forte cela una autostima molto fragile ipercompensata da rabbia ed aggressività; è un soggetto che sicuramente nella sua infanzia ha assistito a violenze familiari, magari avrà subito traumi o abusi non elaborati che si manifestano nella relazione. La rabbia e la violenza coinvolgono alcune aree cerebrali tra cui: l’amigdala che diventa iperattiva; la corteccia prefrontale che non controlla l’amigdala ed è ipoattiva; l’ippocampo insieme all’amigdala richiamano memorie emotive di traumi e conflitti mai elaborati; la VTA ed il circuito della dopamina che gratificano e quindi rinforzano la personalità tramite il comportamento violento. Dall’altro lato abbiamo la vittima che molto spesso pensa di essere responsabile del comportamento violento e crede di meritarlo per cui giustifica il partner ABUSANTE con “ha avuto una pessima giornata” o “non è sempre così, mi vuole bene”. E poiché, generalmente, viene allontanata da amici e familiari, resta, quasi sempre, sola perde qualunque punto di riferimento, non parla con nessuno illudendosi che l’abusante cambierà.

Il lavoro clinico: cosa fa lo psicologo o psicoterapeuta, ognuno per la propria competenza

  1. Accoglie e ascolta la vittima: si offre come spazio sicuro, lavora sul senso di colpa e sulla vergogna, rinforza l’autostima e la consapevolezza dei propri diritti;
  2. Valuta il rischio: ovvero se ci sono pericoli reali per il paziente e/o i figli e collabora con i diversi servizi (servizi sociali, centri antiviolenza ecc;
  3. Interviene sul trauma: tratta i sintomi da ansia, stress, depressione o PTSD, usando tecniche come EMDR, IPNOSI, terapia sensomotoria ecc;
  4. Lavora con la coppia: solamente quando non c’è violenza attiva; nel caso in cui c’è violenza in atto,  c’è uno squilibrio di potere e penso proprio che un lavoro di coppia sia poco indicato
  5. Interviene sulla persona che usa violenza: con l’abusante si può lavorare su: controllo dell’impulsività; gestione della rabbia; ristrutturazione delle convinzioni e degli schemi di pensiero; cerca di motivare l’autore della violenza a fare alcuni percorsi specifici come quello di seguire i centri per uomini maltrattanti per fare percorsi di recupero.

Alla fine l’obiettivo che bisogna raggiungere nel lavoro clinico è quello di:

  • Riconoscere e rompere il ciclo della violenza
  • Restituire sicurezza e libertà alla vittima
  • Prevenire la ripetizione della relazione violenta

Per quanto riguarda il trauma un trattamento   elettivo è l’ipnosi: con questa metodologia si interviene per:

  • rinvigorire la parte coraggiosa e vitale della vittima
  • rinforzare la sicurezza di sé e l’autostima
  • distaccarsi dal controllo emotivo dell’aggressore

Si può lavorare sia con la vittima che con il soggetto violento. Il lavoro con l’ipnosi ha effetti:

sulla vittima con tecniche diverse (Tecnica della “Stanza sicura”,”Timeline ipnotica”, Rinforzo dell’identità), allo scopo di:

  1. Fargli elaborare il trauma: alcune tecniche ipnotiche aiutano la vittima a ridurre l’ansia, la paura il senso di colpa e ad elaborare le esperienze emotive che lo hanno traumatizzato
  2. Aiutarlo a rinforzare l’autostima: quasi sempre la vittima presenta un io fragile; con l’ipnosi e mediante suggestioni positive si può lavorare sulle immagini interne al fine di ricostruire l’identità personale e la svalutazione di sé
  3. Incrementare le proprie capacità: tramite metafore e visualizzazioni guidate si migliora l’autoefficacia, si rinforza la voglia di uscire dalle relazioni tossiche e la capacità decisionale

sull’autore di violenza,(nei contesti clinici autorizzati), sempre se consapevole e motivato al percorso di cambiamento, mediante la modifica delle credenze disfunzionali: l’ipnosi  influenza le reti neurali legate alla regolazione emotiva e all’impulsività., si possono esplorare i pensieri profondi  dell’abusante su potere,  gelosia, ruoli maschio-femmina e ristrutturare tale credenze.

Alcune tecniche ipnotiche aiutano a ridurre la rabbia, modificare gli schemi di pensiero e le reazioni automatiche. Inoltre l’ipnosi aiuta a rielaborare il vissuto personale in quanto il violento molto spesso presenta un passato in cui è stato vittima di traumi o relazioni familiari tossiche. Si aiuta la persona a “vedersi da fuori”, auto-osservazione, nei momenti di rabbia violenta, come fosse uno spettatore.

Ovviamente l’uso dell’ipnosi deve essere consensuale, trasparente, spiegato chiaramente al paziente e non è finalizzato a ottenere una confessione sui fatti accaduti, inoltre va sempre integrato con un intervento multidisciplinare (assistente sociale, centri antiviolenza ecc.).

Si interviene anche sulla coppia (ma non in situazione di grave violenza) per esplorare gli schemi comunicativi a livello subconscio e mediante metafore condivise per stimolare il cambiamento ed il dialogo in cui ognuno immagina il partner nella sua parte ferita e poi comincia a “vederlo” trasformato nella nuova versione più evoluta. L’ipnosi va integrata con altre terapie quali quella sistemico-relazionale.

Bibliografia italiana e straniera

Rossi, R e Loriedo, C “Manuale di ipnosi Clinica e Psicoterapia Ipnotica” Franco Angeli 2014
Erickson, M.H. “la mia voce ti accompagnerà”, Astrolabio 2001
Barret, D. “Hypnosis and Hypnotherapy”, Praeger, 2010
Brown, D. Scheflin, A et al. “Memory, Trauma Treatment, and the law”, Norton 1998

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