ABSTRACT
L’articolo presenta l’esperienza clinica maturata presso il Centro di Salute Mentale di Sciacca (ASP di Agrigento) nel trattamento di un campione di 25 donne vittime di violenza relazionale, seguite secondo un modello terapeutico cognitivo-comportamentale. Il lavoro si propone di condividere le modalità operative di presa in carico psicologica, dalla fase di assessment alla formulazione del caso, fino al trattamento, con particolare attenzione alla comorbilità psichiatrica e alla dipendenza affettiva. I risultati evidenziano dei miglioramenti nei livelli di ansia e depressione, un aumento della consapevolezza delle dinamiche di abuso e una progressiva riattivazione delle risorse personali. L’approccio cognitivo-comportamentale si conferma efficace nel supportare il percorso di autonomia e ristrutturazione del Sé nelle vittime di violenza relazionale (Linehan, 2019; Lebruto, et. al 2022 Dimaggio, et al. 2007).
INTRODUZIONE La violenza relazionale e la dipendenza affettiva
La violenza relazionale è una forma di maltrattamento che si verifica all’interno di legami affettivi significativi, come relazioni di coppia o familiari. A differenza della violenza esercitata da estranei, essa avviene in un contesto emotivo, rendendo più difficile riconoscerla e interromperla. Può includere violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica, con dinamiche di controllo, umiliazione e isolamento (Baldry, 2006; Caretti et al. 2008). Un elemento critico nel lavoro clinico con queste donne è la dipendenza affettiva, un attaccamento disfunzionale alimentato da bassa autostima e paura dell’abbandono, che ostacola la possibilità di uscire dalla relazione abusiva (Lebruto, et. al 2022; Caretti et al. 2008).
L’intervento cognitivo-comportamentale risulta elettivo nella ristrutturazione degli schemi rigidi, dei pensieri disfunzionali e dei comportamenti auto-sabotanti, aiutando le donne a ricostruire la propria identità ed autonomia (Beck, 2020; Linehan, 2019;). Il lavoro clinico descritto si svolge presso il CSM di Sciacca, struttura del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASP di Agrigento. Il Centro, riferimento per l’assistenza psichiatrica territoriale, collabora con servizi sociali, consultori familiari, centri antiviolenza e sistema giudiziario per garantire un intervento coordinato. Lo scopo dell’articolo è condividere le modalità operative e gli interventi clinici a supporto di donne vittime di violenza relazionale, analizzando un campione di 25 donne che hanno subito abusi da partner o ex partner. Il percorso psicologico è stato orientato alla ricostruzione dell’identità , al riconoscimento delle dinamiche disfunzionali e alla modifica di schemi legati a senso di colpa, svalutazione e dipendenza affettiva. L’approccio cognitivo-comportamentale ha promosso l’empowerment, la gestione emotiva e la costruzione di legami più sani.
ATTIVITÀ CLINICA E DI PRESA IN CARICO
Nel periodo compreso tra febbraio e giugno 2025, il CSM ha preso in carico 25 donne tra i 19 e i 63 anni, con età media pari a 39,6 anni. Si tratta di donne che hanno vissuto situazioni di abuso, spesso prolungate nel tempo, e che si sono rivolte al servizio in seguito a eventi traumatici acuti o a percorsi di separazione conflittuale. Il 67% è arrivato su invio del Tribunale per Minori, spesso in seguito a segnalazioni sociali; il 33,3% ha effettuato accesso spontaneo al servizio, manifestando la volontà di ricevere supporto psicologico; mentre il 29,1% di donne risiedono attualmente in strutture protette, a indirizzo segreto, per motivi di sicurezza.
Figura 1. Modalità di accesso al CSM di Sciacca tra donne vittime di violenza relazionale
Dalle prime valutazioni psichiatriche e psicologiche è emersa una comorbilità significativa. In particolare l’87,5% manifesta disturbi d’ansia e depressione, il 12,5% un ritardo mentale lieve, l’8,3% un disturbo bipolare, e la metà del campione è attualmente sottoposta a trattamento farmacologico.
Nel corso dell’assessment iniziale sono stati somministrati i seguenti test psicodiagnostici:
Dalle procedure di scoring sono stati rilevati i seguenti risultati:
Figura 2. Distribuzione della gravità dei sintomi ansiosi e depressivi
Sono inoltre emerse altre problematiche psicologiche rilevanti: il 12,5% delle pz. presenta disturbi da dipendenza da sostanze; mentre, dal punto di vista del funzionamento di personalità , si riscontrano tratti borderline nel 12,5%, tratti dipendenti nel 45,8%, narcisistici nel 4,1%, e istrionici nell’8,3% del campione. Questi dati confermano la necessità di un intervento psicologico.
ATTIVITÀ DI INTERVENTO PSICOTERAPICO
Il trattamento, ispirato all’approccio cognitivo-comportamentale (Linehan, 2019;), si è articolato in diverse fasi. Dopo il primo colloquio clinico, è stato applicato il modello ABC (Beck, 2020), dell’Analisi Cognitiva e Comportamentale, che ha permesso di identificare gli Antecedenti (situazioni attivanti), le Beliefs (credenze disfunzionali e schemi cognitivi) e le Conseguenze emotive e comportamentali, fornendo un primo inquadramento del funzionamento psicologico della persona, utile per identificare situazioni attivanti, credenze disfunzionali e conseguenze emotive/comportamentali. Si è poi passati alla formulazione del caso, integrando i dati raccolti in un quadro clinico utile a guidare l’intervento. Tra le tecniche utilizzate, vi è la psicoeducazione sul ciclo della violenza (Galeazzi et al. 2013; Gilbert et al, 2009), composto da tensione, aggressione, riconciliazione e apparente calma, che spesso porta la vittima a minimizzare o giustificare l’abuso. Comprendere questo schema è stato per molte pazienti un punto di svolta. Altre tecniche impiegate, sono: normalizzazione e regolazione emotiva, ristrutturazione cognitiva, gestione dell’ansia e rafforzamento dell’autoefficacia (Galeazzi et al. 2013). Il trattamento ha avuto anche una funzione di contenimento e sostegno, volto a riattivare l’autonomia, con l’obiettivo finale di interrompere i legami traumatici e promuovere nuove modalità relazionali più sicure e consapevoli.
ESITI CLINICI ED OUTCOME PRIMARI
Al termine del percorso di presa in carico, condotto tra febbraio e giugno 2025, le pazienti hanno mostrato miglioramenti a livello sintomatologico, relazionale e funzionale. La rivalutazione con gli strumenti diagnostici ha evidenziato una riduzione dei sintomi ansioso-depressivi e una maggiore consapevolezza emotiva. La maggior parte delle donne ha iniziato a riconoscere i segnali precoci di abuso, riducendo senso di colpa e vergogna, e modificando credenze rigide. In diversi casi è stato osservato un distacco progressivo dal partner abusante, anche grazie al supporto di strutture protette, e una riattivazione di risorse sociali e lavorative precedentemente compromesse dalla condizione di dipendenza affettiva o isolamento. Complessivamente, l’intervento ha dimostrato buona efficacia nel favorire consapevolezza, autonomia e una narrazione di sé più positiva e meno colpevolizzante.
CONCLUSIONI
L’esperienza clinica maturata presso il CSM di Sciacca, ha evidenziato una profonda sofferenza psicologica vissuta dalle donne vittime di violenza relazionale, spesso aggravata dalla dipendenza affettiva. L’approccio cognitivo-comportamentale si è rivelato funzionale nel fornire strumenti concreti per riconoscere le dinamiche disfunzionali, rielaborare i traumi e potenziare l’autonomia. Questo percorso conferma il valore di un intervento clinico integrato, continuativo e contestualizzato, capace di promuovere cambiamento e ricostruzione personale. Per il futuro, si auspica un potenziamento di tali percorsi all’interno della sanità pubblica, con maggiori risorse, sinergie e competenze specifiche per rispondere in modo efficace ai bisogni di una popolazione vulnerabile e complessa.
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