L’assenza e il tempo: l’integrazione del lutto tra evento e significato
Esperienze cliniche | Novembre 2025
Autore: Licia Cutaia

“Il lutto non è una questione di liberazione dal legame
ma di trasformazione del legame in una nuova forma di relazione interna.”

John Bowlby

L’esperienza del lutto: quando il tempo si ferma
Perdere una persona cara è una delle esperienze più traumatiche e trasformative dell’esistenza umana. Quando succede, non solo si soffre, ma sembra anche che il tempo si sia bloccato.
Questo articolo, tramite due concetti greci, Cronos (tempo cronologico) e Kairos (tempo qualitativo) spiega come il dolore possa modificare la percezione del tempo. Occorre definire i due concetti greci come coordinate per esplorare l’interrelazione tra tempo cronologico e tempo interiore:
Chronos è il tempo che si misura, quello delle ore, dei giorni e degli impegni.
Kairos è il tempo dei momenti speciali e significativi, quello che offre un senso allo scorrere delle ore e dei giorni.
Quando si vive un lutto, non basta che il tempo “chronos” passi per stare meglio. Occorre imparare a muoversi tra questi due tipi di tempo.
La crisi del tempo: il ruolo del dolore. Il lutto non è solo una crisi emotiva, ma anche una crisi del tempo. Per chi soffre, il tempo non scorre più in modo abituale. I giorni possono sembrare infiniti o, al contrario, volare via senza rendersene conto. A volte, la morte sembra un evento lontanissimo, anche se è successo da poco.
Chronos: il tempo delle lancette e della quotidianità
Chronos è il tempo misurabile: quello del calendario, degli orari di lavoro e delle scadenze. Nel lutto, questo tempo si rompe. Si perde l’orientamento perché la perdita stravolge la routine. Le abitudini e gli impegni che prima davano un ritmo non hanno più senso. Il futuro, prima pieno di progetti con la persona amata, diventa un vuoto.
La società spesso sollecita una pressione esterna per accelerare un rapido ristabilimento come se il lutto avesse una data di risoluzione. Questo genera senso di inadeguatezza ed a volte porta a un lutto prolungato, dove il dolore si blocca e diventa disfunzionale.
Kairos: il tempo dei momenti che contano
Kairos è il tempo qualitativo che regala una coloritura emotiva e che si veste di un significato profondo. Nel lutto, può seguire due direttrici opposte:

  1. Il Kairos del dolore bloccato: Il dolore è così forte che l’orologio interiore si ferma: i ricordi non sembrano passati, ma una presenza continua e dolorosa nel presente. Così, le immagini della persona perduta o dell’evento traumatico si presentano all’improvviso, interrompendo la vita di tutti i giorni e creando confusione.
  2. Il Kairos della trasformazione: L’evoluzione che consente di elaborare il lutto e che trasforma il “Kairos bloccato” in un “Kairos di integrazione”: il presente si ricompone. Si impara a convivere con il dolore, alternandolo a momenti di gioia. Questi nuovi momenti “Kairos” aiutano a trovare un nuovo senso, a creare nuovi legami o a riscoprire sé stessi.

Ecco che i ricordi non fanno più male, ma diventano una parte dolce della propria storia. L’assenza della persona amata diventa una presenza interiore, una voce che guida.
Il lutto si blocca quando non si riesce a passare dal “Kairos” del trauma a quello della speranza.
L’obiettivo della terapia non è dimenticare, ma consentire l’integrazione di Chronos e Kairos. Non si tratta solo di aspettare il fluire del tempo ma di usare la terapia come un ponte per trasformare il dolore e il blocco in un nuovo inizio.
Di seguito viene riportato in sintesi un percorso terapeutico orientato alla elaborazione di un lutto seppur tenendo conto della variabilità del timing individuale.

La situazione di Teresa
Teresa, quarantatre anni, è in terapia perché si sente bloccata da diciotto mesi dopo la morte gestazionale di due figli gemelli omozigoti, avvenuta a compimento dell’ottavo mese di gravidanza. Teresa ha partorito entrambi i figli gemelli, ma uno di essi era senza vita. Ha sensi di colpa, pensa continuamente al piccolo, ha spesso incubi e rimuginazioni. Sente che “il tempo si è fermato” e che lei non riesce più a farne parte. In particolare, vive il senso di colpa per non aver potuto partecipare al funerale del proprio bambino essendo stata convalescente a seguito di complicazioni post partum. Al contempo sente di aver avuto una responsabilità nel decesso del piccolo e di non essere adeguata nella gestione della maternità del figlio vivente.

Il Chronos di Teresa
Inizialmente, Teresa vive il lutto come un blocco temporale. I mesi sono un’unica massa di dolore.
Ha dismesso immediatamente ogni corredo neonatale gemellare. Evita le foto connesse alla gravidanza che le ricordano la sua gravidanza doppia (evitamento).
Pensa in continuazione agli ultimi momenti della sua gravidanza e cerca un errore commesso che possa giustificare quella perdita per lei così traumatica (fissazione e ruminazione cognitiva).
Si sente “scollegata dalla realtà” come se il tempo andasse avanti solo per gli altri (derealizzazione e distorsione della percezione).

L’arrivo del Kairos integrativo della ri-narrazione
La terapia la aiuta a trovare nuovi momenti significativi che le permettono di sbloccare il Chronos.
Questo momento di svolta le permette di fare un piccolo passo concreto: ricomincia a guardare le foto della sua gravidanza ed a notare che la presenza di entrambi i bambini nel suo grembo sono una testimonianza della sua maternità esercitata in maniera esclusiva e privatistica. La sua assenza al funerale del figlioletto non è stato un abbandono, ma una protezione per il neonato in vita che resta l’unico testimone di una vita intrauterina passata, ma non negata.
La terapeuta le suggerisce di scrivere una lettera al bambino assente per avviare un dialogo con lui, di legarla ad un palloncino bianco e di lasciarlo volare vicino alla tomba del figlio affinché, simbolicamente avvenisse quella comunicazione interrotta prematuramente e Teresa potesse realizzare quel rituale funebre a cui non aveva potuto partecipare. Il volo del palloncino bianco chiude in Teresa il tempo della perdita e le consente simbolicamente di lasciare andare un evento traumatico che in lei era ancora vincolante. Il volo libera dai sensi di colpa e sblocca in Teresa lo stallo del tempo.
Questa nuova consapevolezza la spinge a ricominciare a progettare il futuro ed a riconoscere che amare e ricordare è anche lasciare andare. Teresa sarà madre nel presente per la figlia in terra e sarà madre anche per quell’angelo a cui ha scritto in cielo.

Il risultato: Dopo quindici mesi di terapia, Teresa ha integrato il lutto. L’assenza del bambino non è più fonte di dolore lacerante, ma è una presenza che convive con la sua vita. Ha capito che il dolore non è una costante, ma un’onda da cavalcare, che ha momenti di caduta e momenti di rinascita (Kairos). Il suo tempo va di nuovo avanti e, pur includendo la perdita, non è più definito da essa.

Il lavoro terapeutico si focalizza sull’identificazione e l’apertura a momenti qualitativi di svolta all’interno del flusso cronologico.
In questo percorso, il nunc stans (eterno presente) si scongela e inizia una nuova ridefinizione autobiografica in cui lutto non sovrasta più l’identità di chi resta, ma viene interiorizzato e assimilato come una eredità che guida.

Bibliografia

Bowlby, J., Attaccamento e perdita. Vol. 3: La perdita. Bollati Boringhieri 1983.
Maria Giovanna Carlini, L’elefante dentro la stanza: Guida al superamento del lutto. Edizioni Amazon 2025.
Yalom, I. D., Psicoterapia esistenziale. Bompiani 1980.
Massimo Recalcati, La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia. Feltrinelli 2022.
Ada D’Adamo, Come d’aria. Elliot Edizioni 2023.
Annie Ernaux, L’altra figlia. Orma Editore 2016.

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