L’ombra di Thanatos. La morte rimossa e i nuovi linguaggi del lutto
Riflessioni | Novembre 2025
Autore: Veronica Siragusano

Introduzione
Ogni cultura costruisce i propri modi di stare accanto alla morte. Nella mitologia greca, Thanatos era la figura con cui l’umanità cercava di dare forma all’inevitabile. Oggi sembra tacere. La morte è diventata un’esperienza silenziosa, privata dei suoi riti; incarna tutto ciò che la cultura contemporanea tende a respingere: vulnerabilità, finitudine, perdita.

La sua ombra, però, continua ad attraversare il nostro tempo. Thanatos abita le guerre, i genocidi, i femminicidi, i corpi dei migranti dispersi. Come mostrano le ricerche più recenti (Neimeyer, 2016; Ratcliffe, 2022), il lutto non è soltanto risposta alla morte fisica, ma può emergere di fronte a ogni forma di perdita significativa, relazionale, simbolica, ecologica. Durante la pandemia, molte persone hanno sperimentato non-death losses: perdita del lavoro, dell’intimità, dei riti quotidiani. Queste esperienze hanno generato vissuti simili al lutto tradizionale, mostrando come la perdita possa estendersi oltre la dimensione individuale e biologica.

La domanda non è tanto se la morte sia presente nella nostra vita, quanto come la pensiamo, la nominiamo, la condividiamo. Come scrive Morin (1951), l’uomo diventa umano quando seppellisce i propri morti: quando trasforma la perdita in gesto simbolico. Becker (1973) aggiungeva che la cultura nasce dal tentativo di negare la morte. Bauman (2008) osservava che, nella modernità liquida, il lutto tende a diventare rapido e privato, spogliato del suo linguaggio comunitario.

Eppure, anche gli animali, elefanti, orche, scimpanzé, vegliano i propri morti, come a dire che il dolore non è solo umano per intensità, ma per significato: ciò che ci distingue, forse, è la capacità di condividere la perdita.

Thanatos nella clinica: la morte come esperienza intersoggettiva
Nel lavoro clinico, la morte non arriva mai da sola. Porta con sé una trama di legami, parole taciute, identità sospese. Nella prospettiva costruttivista intersoggettiva (Stolorow, Atwood & Orange, 2018), il lutto non è un processo da “risolvere”, ma un’esperienza che prende forma tra le persone. La perdita apre una frattura di senso che solo la relazione può aiutare a ricomporre.

Il/la terapeuta non interpreta dall’alto, ma co-costruisce narrazioni, permettendo che il dolore trovi linguaggio. Il lutto non è solo mentale: è corporeo, inscritto nella memoria sensoriale. La clinica diventa spazio dove il corpo può riabitare il mondo e dove il dolore viene riconosciuto come esperienza incarnata di continuità e di perdita. Come scrive Neimeyer (2001, 2016), l’adattamento al lutto si fonda su due movimenti: il sense-making (dare significato alla perdita) e il benefit-finding (scoprire nel dolore nuove risorse di vita). Raccontarsi non significa superare, ma restituire continuità: intrecciare la storia del lutto con quella del mondo che resta.

Le ricerche più recenti (Bazyar et al., 2024) mostrano che gli effetti del lutto collettivo, dalla pandemia ai disastri ambientali, non si dissolvono con il tempo. Persistono nella memoria corporea, nelle relazioni e nei significati condivisi. La clinica diventa allora un luogo in cui attraversare queste perdite sospese, restituendo al dolore un corpo, una voce e una presenza relazionale. In questo modo, Thanatos torna a essere umano, pensabile e condiviso.

Le dinamiche che emergono nel lavoro clinico trovano un’eco più ampia nelle modalità con cui la società rappresenta e comunica la morte. Se nella relazione terapeutica il dolore cerca un linguaggio, nello spazio pubblico esso rischia di essere ridotto a immagine, spettacolo o silenzio. Da qui l’esigenza di interrogare il rapporto tra lutto, cultura e media.

Il lutto negato: società, cultura e media
Viviamo in un tempo in cui Thanatos è ovunque, ma non ha voce. Siamo costantemente esposti a immagini di morte, guerre, disastri, femminicidi, ma raramente queste diventano parola condivisa. Ogni femminicidio lacera il tessuto simbolico della comunità: è una perdita che riguarda l’intero corpo sociale. Nel femminicidio, Thanatos assume la forma del potere che annienta la differenza; elaborare il lutto diventa allora un atto politico di resistenza alla cancellazione. Come sottolinea Judith Butler (2004), il lutto politico e sociale è un riconoscimento delle vite marginalizzate o negate, e nel femminicidio questa perdita travalica il singolo, coinvolgendo l’intera comunità.

Come psicologhe e psicologi, siamo spesso testimoni indiretti di questo dolore sociale che attraversa le relazioni: rabbia, impotenza, paura, senso di vulnerabilità collettiva. Queste emozioni abitano le narrazioni cliniche tanto quanto quelle pubbliche, segnando la soglia tra trauma individuale e trauma culturale.

Come mostrano gli studi etnopsichiatrici (Devereux; Kagawa-Singer), il modo di stare nel lutto è sempre situato culturalmente. In Messico, durante il Día de Muertos, la morte ritorna come festa e memoria collettiva. Nel Sud Italia, il pianto rituale delle donne restituisce voce e corpo al dolore, trasformandolo in appartenenza. Nelle società postcoloniali (Mbembe, 2019), i riti di morte restano luoghi di resistenza simbolica: gesti che rifiutano la privatizzazione occidentale del dolore. Quando queste cornici scompaiono, la perdita resta muta, e la società perde il linguaggio per pensarsi vulnerabile.

Nel tempo della connessione continua, il lutto si è spostato anche nello spazio digitale. Come osserva Fiorese (2019), il lutto contemporaneo si estende nello spazio digitale, dove la condivisione del dolore diventa un rito collettivo mediato dalla tecnologia. Questo lutto connesso è però ambivalente: può trasformarsi in memoria condivisa o restare una presenza sospesa, disincarnata, trattenuta nei profili che non si spengono mai. Al tempo stesso, come rileva Proust (2024), le piattaforme possono farsi luogo di resistenza e appartenenza, in cui la perdita diventa gesto politico e comunitario. Sono nuovi riti che prolungano il legame, ma rischiano di lasciare Thanatos senza corpo, confinato nello spazio virtuale.

Se il lutto sociale rivela la perdita del linguaggio comunitario, quello ecologico mostra l’estensione planetaria di tale crisi simbolica.

Thanatos oltre l’umano: il lutto ecologico
Accanto ai lutti umani, si affacciano oggi quelli ambientali. Il cosiddetto ecological grief, il dolore per la perdita degli ecosistemi, delle specie e dei paesaggi che ci abitano, esprime un’estensione collettiva e planetaria di Thanatos.

Studi recenti (Varutti, 2024; Schony et al., 2024) mostrano come il legame con la natura possa attenuare o trasformare questa forma di sofferenza, restituendo un senso di continuità con la vita non umana. Thanatos, così, non appartiene solo all’umano: è anche nella terra ferita, nei mari esausti, negli animali estinti. Elaborare il lutto ecologico significa reimparare a sentire la vulnerabilità come appartenenza, riconoscendo che anche la Terra elabora le sue perdite, e noi con lei.

Conclusione
Thanatos non è solo il nome della morte, ma il luogo in cui l’umano si misura con il limite. Come psicologhe e psicologi, siamo chiamatə a restituirgli parola: a trasformare il silenzio in linguaggio, la perdita in memoria, la morte in pensiero condiviso. Il pensiero del limite diventa così una forma di cura collettiva: un modo per riconoscersi parte di una stessa condizione di precarietà, umana e terrestre.

Bibliografia (APA 7)

Bauman, Z. (2008). Vita liquida. Laterza.
Becker, E. (1973). The Denial of Death. Free Press.
Bazyar, M., Poormahmood, A., & Mottaghi, M. (2024). A phenomenological journey through grief in bereaved families four years post-COVID-19 restrictions. OMEGA – Journal of Death and Dying, 88(1), 102–118. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40789346
Butler, J. (2013). Vite precarie: I poteri del lutto e della violenza (O. Guaraldo, A cura di). Postmedia Books.
Devereux, G. (1980). Essais d’ethnopsychiatrie générale. Gallimard.
Fiorese, G. (2019). La condivisione del lutto online: lo scarto tra realtà e ostentazione. Dada Rivista di Antropologia post-globale. 1(2), 45–58.
Kagawa-Singer, M. (1998). The cultural context of death rituals and mourning practices. Oncology Nursing Forum, 25(10), 1752–1756. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/9826841
Mbembe, A. (2019). Necropolitics. Duke University Press.
Morin, E. (1951). L’homme et la mort. Éditions du Seuil.
Neimeyer, R. A. (2001). Meaning Reconstruction and the Experience of Loss. American Psychological Association.
Neimeyer, R. A. (2016). Meaning reconstruction in the wake of loss: Evolution of a research program. Behaviour Change, 33(2), 65–79. https://doi.org/10.1017/bec.2016.4
Proust, V. (2023). By sharing our loss, we fight: Collective expressions of grief in the digital age. Media, Culture & Society, 46(2), 393–403. https://doi.org/10.1177/01634437231207760
Ratcliffe M. Phenomenological reflections on grief during the COVID-19 pandemic. Phenomenol Cogn Sci. 2022 Jul 28:1-19. doi: 10.1007/s11097-022-09840-8. Epub ahead of print. PMID: 35915779; PMCID: PMC9330969.
Schony, M., & Mischkowski, D. (2024). Feeling connected to nature attenuates the association between complicated grief and negative mental health outcomes. International Journal of Environmental Research and Public Health, 21(9), 1138. https://doi.org/10.3390/ijerph21091138
Stolorow, R. D., Atwood, G. E., & Orange, D. M. (2018). World, affectivity, trauma: Heidegger and post-Cartesian psychoanalysis. Routledge.
Varutti M. Claiming ecological grief: Why are we not mourning (more and more publicly) for ecological destruction? Ambio. 2024 Apr;53(4):552-564. doi: 10.1007/s13280-023-01962-w. Epub 2023 Dec 7. PMID: 38060140; PMCID: PMC10920496.

Nota metodologica
Questo contributo si fonda su un approccio interdisciplinare che intreccia prospettive psicologiche, fenomenologiche ed etno-antropologiche. Le riflessioni qui presentate hanno l’obiettivo di esplorare come i linguaggi del lutto si trasformino nella contemporaneità, intrecciando dimensioni soggettive, culturali e planetarie. L’approccio è di tipo teorico-interpretativo, fondato su una revisione critica della letteratura recente e sull’elaborazione concettuale delle pratiche del lutto nella clinica e nella società.

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