Il lutto in adolescenza può manifestarsi con sintomi emotivi e comportamentali intensi, in parte legati alla maturazione cognitiva e alla costruzione identitaria (Worden, 2009). Freud (1917/1977) distingue tra lutto e melanconia, sottolineando la necessità di un lavoro attivo di separazione dagli oggetti perduti. Tuttavia, come sottolineato da Neimeyer (2001), non è soltanto il processo di “lasciar andare” la persona deceduta, ma piuttosto un percorso di ricostruzione narrativa che consente di integrare la perdita nella trama dell’esistenza. All’interno dell’approccio cognitivo-costruttivista, il focus terapeutico non riguarda la soppressione del dolore, ma la possibilità di attribuirgli un senso all’interno della storia di vita del soggetto (Guidano, 1987; Arciero & Bondolfi, 2009). In adolescenza, fase di costruzione identitaria e relazionale, la perdita di una figura significativa può avere ricadute in termini di disregolazione cognitivo-emotiva come ansia, ritiro sociale o difficoltà scolastiche (Worden, 2009).
Il presente contributo descrive, in forma anonimizzata, il caso di A., adolescente di 16 anni, che ha perso il padre in un incidente stradale. Nei colloqui iniziali, A. mostrava intensa rabbia, sentimenti di ingiustizia e incubi ricorrenti. Spesso affermava: “Non riesco a capire perché a me”, esprimendo un bisogno centrale di significato. La narrazione introduttiva era dominata da pensieri catastrofici e da auto-colpevolizzazione, coerenti con quanto riportato da Boerner, Wortman e Bonanno (2005) circa l’impatto del lutto traumatico in adolescenza.
APPROCCIO COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA L’intervento si è sviluppato secondo i principi del modello cognitivo-costruttivista (Guidano, 1987; Neimeyer, 2001; Arciero & Bondolfi, 2009), che considera la sofferenza emotiva come il prodotto di schemi narrativi disfunzionali e mira alla ricostruzione di significati personali. In questa prospettiva, il lutto non si “risolve” attraverso l’eliminazione del dolore, ma attraverso l’integrazione della perdita nella trama della propria identità.
ASSESSMENT E PSICOEDUCAZIONE L’assessment iniziale ha previsto:
L’analisi ha evidenziato tre domini principali di mantenimento del disagio: pensieri catastrofici legati alla perdita, evitamento delle situazioni che ricordavano il padre e comportamenti di isolamento sociale. Questo ha permesso ad A. di riconoscere la connessione tra pensieri catastrofici, emozioni intense e comportamenti evitanti. Studi indicano che la psicoeducazione riduce ansia e senso di colpa nei giovani in lutto (Melhem et al., 2007).
FASE INIZIALE Nelle prime sedute, l’obiettivo principale era la validazione delle emozioni, il riconoscimento dei pensieri disfunzionali e l’esplorazione delle narrazioni che A. costruiva attorno all’evento. Attraverso tecniche di dialogo socratico e ristrutturazione cognitiva narrativa, A. è stata accompagnata a distinguere i fatti dall’interpretazione soggettiva, riducendo la fusione con sensi di colpa e pensieri catastrofici (Neimeyer, 2001; Bonanno, 2004). In particolare, il dialogo socratico ha permesso di distinguere tra ciò che era accaduto e le interpretazioni collegate (“se papà non fosse uscito, ora sarebbe qui”, “la mia vita è finita con la sua”). Tale processo ha favorito un primo distanziamento cognitivo, riducendo la fusione con pensieri catastrofici.
FASE INTERMEDIA DI ELABORAZIONE NARRATIVA Successivamente, il percorso si è concentrato sulla ricostruzione narrativa di significati alternativi della relazione con il padre. A. ha partecipato ad esercizi di scrittura di lettere immaginarie e di “timeline” della vita condivisa, con lo scopo di integrare ricordi positivi e negativi in un racconto coerente. Attraverso tecniche narrative e l’uso di metafore, A. ha iniziato a sviluppare una rappresentazione più complessa della perdita. La ragazza è stata incoraggiata a integrare la figura paterna come parte della propria identità, anziché come un’assenza assoluta. Questo passaggio è in linea con la prospettiva di Neimeyer e colleghi (2014), che sottolineano l’importanza dei processi di “meaning reconstruction” nel lutto. Studi sperimentali indicano che la narrazione strutturata riduce sintomi di lutto complicato e migliora la resilienza emotiva negli adolescenti (Gillies & Neimeyer, 2006).
FASE AVANZATA Negli incontri successivi, l’attenzione si è spostata sul progetto di sé. Parallelamente, sono stati introdotti esercizi di imagery guidata e role-play, che hanno facilitato l’elaborazione delle emozioni intense e la costruzione di scenari futuri realistici che includessero la memoria del padre come fonte di ispirazione permettendo a A. di reinvestire energie nel progetto personale e nelle relazioni (Boerner et al., 2005). La costruzione di un “filo di continuità” tra passato e futuro ha permesso di ridurre la sensazione di vuoto e di recuperare motivazione nello studio e nelle relazioni.
ESITO CLINICO Dopo sei mesi di intervento, A. mostrava miglioramento significativo nel funzionamento scolastico e sociale. Il lutto non è stato eliminato, ma trasformato in presenza simbolica, coerente con il concetto di “continuità dell’attaccamento” proposto da Bowlby (1980). Non si trattava di una “chiusura” del lutto, ma di una sua trasformazione narrativa: dal vissuto di frattura radicale a quello di un’eredità interiore che potesse nutrire la propria identità. Come sottolinea Attig (2004), il lutto non si supera, ma si “vive” e si integra come parte costitutiva della crescita personale. L’adolescente ha potuto integrare la perdita nella propria identità, sviluppando senso di agency e progettualità.
CONCLUSIONE In una società come quella occidentale che tende prevalentemente a medicalizzare o silenziare la sofferenza, creare spazi di dialogo che valorizzino le storie di vita diventa un compito terapeutico ed etico imprescindibile. Il caso clinico dimostra infatti come l’approccio cognitivo-costruttivista consenta di lavorare sul significato della perdita, piuttosto che solo sui sintomi, favorendo processi di resilienza ed integrazione narrativa. In adolescenza, creare spazi sicuri per la costruzione di significati personali rappresenta un compito terapeutico essenziale, capace di trasformare la sofferenza in crescita e continuità identitaria (Attig, 2004; Neimeyer, 2001).
Bibliografia essenziale (APA)
Arciero, G., & Bondolfi, G. (2009). Psicoterapia cognitivo-costruttivista. Milano: FrancoAngeli. Attig, T. (2004). How we grieve: Relearning the world. New York: Oxford University Press. Bonanno, G. A. (2004). Loss, trauma, and human resilience. American Psychologist, 59(1), 20–28. Bowlby, J. (1980). Attachment and loss. Vol. 3: Loss, sadness and depression. New York: Basic Books. Freud, S. (1917/1977). Mourning and melancholia. In J. Strachey (Ed. & Trans.), The standard edition of the complete psychological works of Sigmund Freud (Vol. 14, pp. 237–258). London: Hogarth Press. Gillies, J., & Neimeyer, R. A. (2006). Loss, grief, and the development of meaning: A meta-analysis of the effectiveness of interventions for bereaved persons. Journal of Counseling Psychology, 53(3), 279–293. Guidano, V. F. (1987). Complexity of the self: A developmental approach to psychopathology and therapy. New York: Guilford Press. Kübler-Ross, E. (1969). On death and dying. New York: Macmillan. Melhem, N. M., Moritz, G., Walker, M., Shear, M. K., & Brent, D. (2007). Phenomenology and correlates of complicated grief in children and adolescents. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 46(4), 493–499. Neimeyer, R. A. (2001). Meaning reconstruction and the experience of loss. Washington, DC: American Psychological Association. Neimeyer, R. A., et al. (2014). A social constructionist account of grief: Loss and the narration of meaning. Death Studies, 38(8), 485–498.