Le narratrici: il lutto in adolescenza, dal dolore alla narrazione condivisa
Esperienze cliniche | Novembre 2025
Autori: Maria Selene Tarascio - Simona Currò

Il presente articolo descrive il percorso di gruppo di quattro ragazze che sono state accolte nello “Spazio Giovani” dal Dirigente psicologo del Consultorio Familiare dell’ASP di Catania, Distretto Sanitario di Acireale.

La perdita di una persona cara è un evento che attiva delle risposte emotive e richiede un cambiamento” (Perdighe, Mancini, 2010). La morte è una fase del ciclo di vita che rompe una trama, non solo di storia individuale, ma anche familiare e collettiva. L’evento luttuoso è, infatti, una transizione psicosociale, in quanto portatore di cambiamenti permanenti che richiedono una grande capacità di adattamento; a maggior ragione quando ci si ritrova adolescenti innanzi alla morte di un genitore.

La morte si colloca come un ‘esperienza di separazione che non ha ritorno e che interferisce nel percorso evolutivo di appartenenza e separazione dell’adolescente” (Giusti, Milone, 2015). Affrontare il lutto di un genitore in questa fase evolutiva comporta la ridefinizione dei sistemi di attaccamento, delle relazioni con il proprio nucleo familiare e con le famiglie di origine dei genitori, dei progetti futuri e della routine quotidiana, ma anche di nuove responsabilità, ruoli e identità. Durante lo “Spazio Giovani” in Consultorio, il percorso gruppale è stato co-condotto dal Dirigente Psicologo e dalla tirocinante specializzanda in Psicoterapia. Gli incontri di gruppo sono stati svolti in modalità parallela ad un percorso individuale già avviato in precedenza; è stato ritenuto utile proporre le attività di gruppo in quanto tutte e quattro le ragazze erano accomunate dall’esperienza del lutto della madre morta a causa di patologia oncologica.

Gli incontri, a cadenza quindicinale, vengono svolti utilizzando la metodologia del circle time. All’interno del gruppo ciascun partecipante si racconta in modi e tempi propri. Obiettivo del percorso è quello di validare la sofferenza di ognuno, potenziare risorse interne, promuovere adeguate strategie di coping e offrire uno spazio sicuro di condivisione e supporto.

Il gruppo stesso è uno strumento di coping interpersonale, in quanto favorisce lo sviluppo e il potenziamento di stili di comunicazione, l’apprendimento dalle esperienze altrui, la possibilità di essere di aiuto da chi si ritrova a vivere la stessa esperienza. Stare in un gruppo di supporto psicologico permette al soggetto di transitare da una posizione passiva di colui che viene confortato ad un’attivazione positiva: si dona all’altro lo sguardo, le parole e il conforto che si è ricevuto o che si sarebbe voluto ricevere.

Yalom, psichiatra statunitense, approfondendo la terapia di gruppo ha individuato undici fattori terapeutici fondamentali, tra questi il principio dell’universalità: la scoperta/accettazione del fatto che la sofferenza psichica non è solo propria ma può essere condivisa con altri, i quali a loro volta sono abitati dalle loro rispettive quote di dolore. Condividere il dolore permette di normalizzare, riattribuire senso alla propria sofferenza e di sentirsi meno solo (Di Maria F. Formica, 2009).

Le partecipanti al gruppo hanno spesso verbalizzato timore e chiusura rispetto ai coetanei e difficoltà ad aprirsi e condividere con loro l’esperienza della perdita. Una delle partecipanti in un confronto disse “io ne parlo della morte di mia mamma, certo non con chiunque, perché la gente non capisce, sminuisce sempre o banalizza”.

Durante gli incontri, ancora in itinere, le ragazze si sono confrontate sull’esperienza di malattia e morte della madre, il rapporto col padre e i fratelli, con le famiglie dei genitori, i loro modi di ricordare la mamma e i riti di famiglia.

Durante gli incontri si è potuto osservare come l’eterogeneità delle esperienze condivise sia stata arricchente per tutte, in quanto ha permesso l’apertura a nuove prospettive e punti di vista non presi in considerazione per paura, come ad esempio, aprirsi ad una nuova relazione di coppia del padre.
Si è assistito in un caso, addirittura alla rivalutazione in senso positivo del proprio punto di vista, precedentemente molto determinato ad escludere in maniera categorica questa possibilità.

Un ulteriore “filo rosso” che accomuna tutte le partecipanti è stato fin dall’inizio la preparazione dell’esame di maturità e la ricerca del proprio futuro, alla luce di una nuova identità, nuova storia e setting familiare. “La narrazione infatti permette di ricostruire I ‘esperienza e attribuirgli significato, aumentando la consapevolezza e la conoscenza di sé, elaborando gli eventi dando loro un senso e una collocazione nella linea evolutiva della storia di vita ” (Pesci, 2020).

Dopo circa tre mesi di lavoro, preso atto in modo particolare della timidezza di una delle partecipanti e della sua grande difficoltà a verbalizzare vissuti ed emozioni, si è pensato di proporre al gruppo un laboratorio di arte terapia, allo scopo di favorire una più libera e meno strutturata espressione emotiva. Inizialmente è stata proposta l’attività con gli Albi Illustrati, utilizzando sei albi che in maniera diversa descrivono il processo della perdita, delle mancanze e del viaggio verso l’aldilà. Questa attività ha permesso un confronto libero e simbolico su tematiche delicate e difficili quali il lasciare andare e il ricominciare. E stata osservata una buona capacità di riflessione, ascolto, osservazione, condivisione, cooperazione nello scambio degli albi ed è emerso un forte senso di attenzione e accudimento empatico l’una nei confronti dell’altra.

Nell’incontro successivo è stato chiesto a ciascuna di costruire una metafora personale sulla perdita. Sono stati utilizzati immagini, colori, disegni, ritagli di giornali, versi di poesie e canzoni, ognuna si è dedicata, attraverso la realizzazione creativa di un collage, a riflettere su stessa, sui propri schemi e sui propri vissuti emotivi.

In un altro incontro è stata proposta la realizzazione di un lavoro comune allo scopo di stimolare la riflessione sulla forza dei legami, sulla gratitudine e sul senso di appartenenza: la prima fase ha previsto un brainstorming sul significato di “essere gruppo”; nella seconda fase è stato chiesto di scegliere il nome per il gruppo, al fine di definire e rafforzare l’identità e l’appartenenza. Il prodotto finale ha visto le ragazze impegnate nella realizzazione di un cartellone/manifesto che ha affermato anche visivamente l’essenza di questo specifico gruppo. In maniera chiara è emersa l’importanza che attribuiscono “all’essere parte”, all’ascoltare ed essere ascoltate, alla bellezza di creare insieme una nuova narrazione di sé e di nuove dinamiche relazionali. Anche la narrazione del dolore che ognuna faceva della propria storia si è evoluta nel corso degli incontri; insieme, sostenendosi l’un l’altra nel passaggio da un vissuto di perdita a un nuovo sentimento di integrazione e di ridefinizione del sé.

Il nome che il gruppo ha scelto è stato per l’appunto “Le narratrici”.

Cartellone/manifesto del gruppo Le Narratrici con descrizione obiettivi e punti di forza

Bibliografia

Di Maria F. Formica I. Fondamenti di gruppoanalisi. Il Mulino, 2009.
Giusti E. e Milone A. (2015). Terapia del lutto. La cura delle perdite significative. Collana di Edoardo Giusti.
Perdighe C. e Mancini F. (2010). Il lutto: dai miti agli interventi di facilitazione dell’accettazione.
Psicobiettivo, 3.
Pesci S. (2020). Lutto: la ricerca di significato.

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