Thanatos ed Eros nella psiche ucraina: dinamiche di lutto e resilienza durante la guerra
Riflessioni | Novembre 2025
Autore: Liudmyla Ilchenko

La guerra in Ucraina ha trasformato la vita quotidiana in un’esperienza psicologica estrema, un’oscillazione continua tra sopravvivenza e morte. La pulsione distruttiva di Thanatos si manifesta nelle città bombardate e devastate, divenute simboli di tragedia universale: Bucha, teatro di massacri; Mariupol, ridotta in macerie; i quartieri distrutti di Kharkiv, Kiev, Odessa, Zaporizhzhia e molte altre località, dove edifici crollati e strade sventrate riflettono un’angoscia collettiva.

Alla disgregazione dell’ambiente urbano si accompagna la devastazione fisica di migliaia di vite, segnando un trauma corporeo che precede e alimenta quello psichico. La perdita della casa, della scuola, dei luoghi di socialità e della memoria culturale genera un lutto diffuso e prolungato, espresso in ansia costante, ipervigilanza, difficoltà di concentrazione e senso di impotenza.

La distruzione colpisce non soltanto i corpi, ma anche la mente. La perdita della casa, della scuola, dei luoghi di socialità e della memoria culturale genera un lutto diffuso e prolungato, espresso in ansia costante, ipervigilanza, difficoltà di concentrazione e senso di impotenza.

Tra le ferite invisibili della guerra vi è il dolore dell’attesa: quello delle madri e delle mogli che continuano a sperare nel ritorno dei propri figli e mariti, anche quando la comunicazione ufficiale annuncia la morte o la scomparsa in battaglia e i corpi non vengono ritrovati. È un lutto sospeso, dove la certezza della perdita si mescola alla fragile speranza, creando un dolore silenzioso e infinito. Così, come tante donne, anche mia cognata attende il ritorno di suo figlio (mio figlioccio), padre di due piccole bambine. Ogni giorno intriso di speranza e memoria, queste donne immaginano un abbraccio che forse non arriverà, ma che le sostiene nel vivere e proteggere la continuità della vita familiare. Questa attesa diventa, paradossalmente, una forma di forza interiore: il legame con chi è assente mantiene viva l’identità affettiva e la capacità di sperare, trasformando il dolore in energia vitale.

La guerra ha inflitto ferite profonde anche ai bambini, trasformando la loro infanzia in un incubo di paura e perdita. Studi indicano che oltre la metà dei bambini e adolescenti ucraini tra i 7 e i 18 anni ha vissuto esperienze traumatiche dirette, come bombardamenti, perdita dei genitori o distruzione della casa. Molti manifestano sintomi di stress post-traumatico, tra cui insonnia, incubi, ansia e regressioni comportamentali. I bambini più piccoli, soprattutto sotto i sei anni, vivono la guerra in maniera ancora più intensa, con regressioni dello sviluppo, difficoltà a dormire, pianti frequenti, agitazione motoria e attaccamento eccessivo ai caregiver. Il supporto tramite giochi guidati, narrazione di storie e contatto affettivo stabile si è dimostrato fondamentale per elaborare il trauma e costruire resilienza anche in contesti di guerra.

Accanto alla distruzione, emerge una straordinaria capacità di adattamento. Nei rifugi sotterranei e nelle stazioni della metropolitana, gli insegnanti continuano a tenere lezioni; i bambini siedono in aule improvvisate; gli anziani raccontano storie; i musicisti suonano mentre risuonano le sirene. Questi gesti quotidiani assumono un valore terapeutico, diventando strumenti di regolazione emotiva e di resistenza psicologica in un contesto dominato dalla paura.

La guerra acuisce la percezione del tempo e intensifica la sensibilità emotiva. Le notti insonni, scandite dalle sirene e dai bombardamenti, alimentano uno stato di stress cronico e di iperattivazione del sistema nervoso, ma risvegliano al contempo impulsi profondi di cura e di attaccamento. Gli ucraini, con una fame di vita quasi viscerale, cercano di amare, creare e generare. Oggi. Perché il domani potrebbe non arrivare.

La determinazione collettiva si riflette anche nei gesti concreti per preservare un’apparenza di normalità: le strade vengono pulite ogni giorno, i giardini curati, i danni riparati appena possibile. Le fioriture tra le macerie diventano simboli di speranza e di ordine emotivo, contrastando il caos della distruzione. Il dolore si trasforma così in memoria condivisa e in senso di controllo, elementi essenziali per la salute mentale.

Un volto ancora più potente di questa forza interiore si manifesta nei militari che, anche dopo aver perso gli arti, scelgono di non arrendersi. Invece di restare a casa, imparano a vivere con le protesi, affrontano la riabilitazione fisica e psicologica e, spesso, tornano al fronte. Il loro desiderio di garantire ai figli un futuro libero e indipendente supera il dolore corporeo: la perdita diventa spinta vitale, testimonianza estrema di ciò che Eros rappresenta anche nella distruzione: la forza di ricominciare.

Dal punto di vista clinico, si osserva un aumento significativo di disturbi post-traumatici, ansia, depressione e sintomi dissociativi. Due anni dopo l’inizio della guerra su larga scala in Ucraina, il numero di ricoveri psichiatrici è aumentato del 27% rispetto al periodo pre-bellico, passando da 433,4 ricoveri/mese a 552/mese ad aprile 2024. Sebbene le ospedalizzazioni attribuite a traumi psicologici legati alla guerra siano salite dal 12,2% al 17,3%, la loro proporzione sul totale è rimasta relativamente stabile, indicando una domanda costante di cure per il trauma. Contemporaneamente, il personale medico disponibile è diminuito e una parte significativa dei lavoratori sanitari è stata sfollata o ha subito ferite. Purtroppo, nonostante l’esistenza di diversi programmi nazionali di supporto psicologico, la carenza di psicologi militari e di professionisti specializzati nel trauma limita la possibilità di offrire aiuto a tutta la popolazione, costringendo molti cittadini ad affrontare il dolore con risorse individuali e comunitarie. Uno studio recente condotto su giovani ucraini tra i 18 e i 35 anni ha evidenziato che, pur in presenza di livelli elevati di ansia e depressione, la resilienza rappresenta un fattore protettivo determinante. I dati mostrano che maggiore è la resilienza, minori risultano i sintomi di disadattamento e migliore la qualità della vita percepita. Anche se l’età sembra influire lievemente in senso negativo, altre variabili sociali, come lo stato civile o il livello d’istruzione, non hanno mostrato effetti significativi. In condizioni di guerra, dunque, la capacità di mantenere legame, significato e speranza diventa la risorsa più stabile: un’espressione di Eros che, opponendosi alla distruzione, preserva la vita psichica e la coesione interiore. In questo contesto, la solidarietà e la cooperazione diventano strumenti vitali per la sopravvivenza emotiva e la ricostruzione del senso di normalità.

Tuttavia, la solidarietà e la creatività collettiva permettono di trasformare il dolore in significato, preservando identità, continuità narrativa e funzione sociale. Le scuole nei rifugi, i laboratori artistici e le iniziative civiche diventano spazi sicuri dove elaborare emozioni complesse e sviluppare strategie di adattamento.

Il paradosso della psiche in guerra è chiaro: Thanatos distrugge, ma Eros, attraverso la cura, la cooperazione e la creazione, sostiene la vita. La costante minaccia di morte intensifica il bisogno di amare, di appartenere e di resistere. Non esiste luogo in Ucraina dove ci si possa sentire completamente al sicuro, eppure il lutto si intreccia con la vita, diventando strumento di crescita e testimonianza.

La guerra dimostra che, anche sotto le bombe, la psiche resiste e cerca significato. È la prova della forza intrinseca della vita, che continua a emergere nonostante tutto, anche quando mancano risorse e professionisti per sostenere chi soffre. È in questa tensione tra distruzione e rinascita che l’Ucraina, ogni giorno, riafferma la propria umanità.

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