Siamo vasti e contraddittori perché conteniamo moltitudini Walt Whitman
Retaggio di una rigorosa logica scientifica la definizione di un sintomo in ambito clinico evoca da un lato un vero e proprio labirinto interpretativo, dall’altro un vano fraintendimento circa il concetto stesso di malattia.
Quest’ultima come sottolineato da Hillman (2019), promuove sia l’affermarsi di un pensiero nominalista, che rischia di ingarbugliare la nostra psiche, sia un modo di fare anima dal quale prendono vita le attuali nevrosi.
Secondo la visione di Rudiger Dulke (Dethlefsen, T., 1984) il corpo biologico che abitiamo non può definirsi malato o sano perché al suo interno si esprimono incessantemente gli imprevedibili stili comunicativi della coscienza: custode di un linguaggio pronto a depositarsi sul corpo e lungo i suoi organi.
Nello specifico il nostro organismo deve le sue funzioni a quelle due istanze immateriali, anima (coscienza) e vita (spirito) che all’unisono promuovono un incessante equilibrio.
Valorizzando più da vicino una dimensione che prenda le distanze dai parametri ordinari, la coscienza nei confronti del corpo riflette quell’espressività capace di aprire le porte verso un mondo infero che non sempre si accoglie, ma dal quale si può attingere qualcosa di nuovo: nuove forme di coscienza correlate agli stati energetici che caratterizzano le nostre profondità.
Per questo motivo sarebbe necessario operare una revisione dei suoi numerosi canali comunicativi in quanto la sua inafferrabile e luminosa autonomia promuove di contro una libertà che garantisce sia una rinascita del corpo sia la morte di un concetto, che in maniera silente: si era insediato al nostro interno.
Il valore simbolico della morte
I concetti di morte e malattia presuppongono l’esistenza di un modo di percepire e rappresentare il proprio stato di salute come un qualcosa di definitivo e privo di ulteriori sfumature.
Quando le varie funzioni psicofisiologiche interagiscono in maniera ripetitiva, rischia di profilarsi uno stato della mente che riteniamo armonioso e omeostatico, ma che di contro risulta erroneamente funzionale.
Eppure nel momento stesso in cui una qualsiasi funzione organica esce dai binari del quotidiano, il precedente equilibrio psicosomatico non solo è messo in discussione bensì tradotto immediatamente in una forma di malattia pronta ad essere etichettata, nonostante quest’ultima voglia valorizzare la scomparsa di un ordine che a propria insaputa aveva rappresentato un solido equilibrio e che nel qui ed ora mette prepotentemente in discussione la nostra unità psicobiologica (Hebb, D. O., 1949).
Nondimeno ciò che si evidenzia è la compresenza di pensieri sia individuali che collettivi in grado di soverchiare il possibile e reale messaggio che la malattia vuole effettivamente trasmettere.
Il turbamento dell’armonia intrapsichica sembrerebbe pertanto invitare l’individuo ad abbandonare uno schema che aveva assunto in un primo istante una direzione unilaterale, ma per nulla espressiva.
Quello che dunque si vorrebbe valorizzare attraverso la comparsa del sintomo, è proprio l’invito al cambiamento attraverso la morte di un codice assodato come normativo, ma che di autentico e personale sembra non custodire più nulla.
L’invito alla rinascita e dunque a un cambiamento presuppone l’accoglienza di una transizione, cioè di un passaggio da una condizione limitante e ormai mortifera ad una fioritura rispetto alla quale ambo i poli (fine e inizio) custodiscono due stati energetici della coscienza pronti a ripristinare un nuovo flusso di pensiero che si propaghi in maniera adattiva finanche sul proprio organismo (Siegel, D. J., 2017).
Il corpo riflette quel campo d’eccellenza dell’espressione e della realizzazione (funzionale o meno) della coscienza e di tutti quei numerosi processi e mutamenti che avvengono all’interno di essa.
La dimensione ancestrale di cui è caratterizzata chiama in causa immagini primigenie lontane nel tempo che non tardano a esprimersi sul palcoscenico fisiologico (Capra, F., 2021).
Di conseguenza il sintomo è la diretta espressione di quell’evento che nell’immediato viene tradotto in malattia, ma che in maniera più sottile esprime un linguaggio antico che altro non vuole se non restituire un nuovo ordine: una nuova analogia capace di allontanarci dai parametri ordinari.
Come i contenuti onirici aprono le porte ad un ventaglio esplorativo e mai interpretativo, così la coscienza si fa garante di codici antichi in grado di mettere in discussione quelli comuni.
Eppure, come ricordato da Marie Louise von Franz, la traduzione di un evento dell’anima coincide con la morte delle sue potenzialità espressive, pertanto l’interpretazione come anche l’assegnazione di futili etichette relativi al nostro vissuto coincide con il soffocamento di una coscienza sottile.
In questo caso il concetto di morte non porta con sé la possibilità di un’imminente rinascita, bensì l’esclusione a priori di una possibilità, ovvero quella di lasciare andare un qualcosa che ormai ha fatto il suo tempo (Von Franz, M, L., 2007).
Sotto il profilo psicosomatico un sintomo rispecchia un segnale che calamita attenzione, energia e interesse mettendo in discussione la logica con la quale sino ad ora siamo stati soliti orientarci nel mondo.
Pertanto un qualsivoglia sintomo deve essere legittimato nella sua natura a-causale e a-meccanicistica, in quanto ciò che sembra provenire dall’esterno altro non è che un richiamo e ancor più un invito a riconnetterci con quanto di più insito è custodito al nostro interno.
La dimensione onirica
Grazie ai sogni lo stato di coscienza invita tutti noi ad ampliare lo sguardo e a percepire la morte quale momento di transizione verso una parte più intima di noi stessi (Jung, C, G., 2019).
La malattia ha infatti radici profonde nell’essere umano come quelle della morte, per cui se si riuscissero a cogliere la grandezza e la dignità della morte stessa si acquisirebbe una maggiore consapevolezza rispetto a quanto l’ostacolare il proprio cambiamento e dunque la propria transizione verso un nuovo stato di coscienza, rispecchi di conseguenza l’espressione più grande di nevrosi.
In questo risiede appieno la differenza tra la lotta alla malattia e la trasmutazione della stessa (Jung, C.G. 1912).
La guarigione nasce difatti da una malattia trasmutata e mai dal sintomo perché la guarigione presuppone che l’uomo diventi più integro e in grado di accogliere l’integrità della sua coscienza (Rovelli, C., 2015).
Quanto si vuole sottolineare è come oggi siano necessari tanti nuovi apprendimenti quanti sono gli imprevedibili stati della coscienza e dei suoi stili comunicativi.
Sotto il profilo onirico il sogno è un fenomeno naturale e privo di intenzionalità, difatti non lo si può spiegare e tradurre con una psicologia dedotta dalla ragione (Steinsaltz, A., 2018).
Esso prevede un particolare tipo di funzionamento che per nulla risulta dipendere dalla volontà, dai desideri e tantomeno dalle intenzioni dell’Io cosciente e razionale (Corbin. H., 1953).
Quest’ultimo riflette un’istanza psichica rispetto alla quale convergono interpretazioni e spiegazioni del tutto causali, poiché gli schemi acquisiti e il proprio modo di pensare abitudinario confermano la presenza di uno stile comunicativo che sembra non avere fondamenta proprie.
Ma al contrario soggiogato da una logica esterna che a propria insaputa rischia di farci prendere le distanze da quella che Hillman aveva definito coscienza dell’anima, la sola in grado di destare il sognatore dal suo Io cosciente e limitante.
Bibliografia
Capra, F., (2021), “Il Tao della fisica”, Adelphi Editore, Torino, 2021. Corbin, H., (1953), “Terre celèste et corps de rèsurrection”, Eranos Jahbucher, vol. 21, 1953. Dethlefsen, T., (1984), “Malattia e destino. Il valore e il messaggio della mallattia”, Edizioni Mediterranea, Torino, 1984. Hebb, D. O., (1949), “L’organizzazione del comportamento: una teoria neuropsicologica”. Franco Angeli ed., Milano 1975. Hillman, J., (2019), “Re-Visione della psicologia”, Adelphi Editore, Milano, 2019. Jung, C.G., (1912), “Simboli della trasformazione”. In Opere, vol. 5. Tr. it. Boringhieri, Torino 1970. Jung, C, G., (2022), “Anima e morte”, Adelphi Editore, Milano, 2022. Jung, C, G., (2019), “Gli archetipi e l’inconscio collettivo”, Bollati Boringhieri, Torino, 2019. Rovelli, C., (2015), “La realtà non è come appare. La struttura elementare delle cose”, Raffaello Cortina Editore, Milano Siegel, D. J., (2017), “La mente relazionale: neurobiologia dell’esperienza interpersonale”. Raffaello Cortina, Milano 2017. Steinsaltz, A., (2018), “L’anima”, Giuntina, Firenze, 2018. Von-Franz, M, L., (2021), “La morte e i sogni”, Bollati Boringhieri Editore, Torino, 2021. Von Franz, M, L., (2007), “Il femminile nella fiaba”, Bollati Boringhieri, Torino, 2007.