A cura del Gruppo di Lavoro “Diagnosi ed intervento del Disturbo dello Spettro dell’Autismo”
Abstract
Il presente contributo riporta e sintetizza le tematiche relative alle modalità di presa in carico della persona con Disturbo dello Spettro dell’Autismo dall’infanzia all’età adulta, discusse durante l’evento, che si è svolto il 14 gennaio 2023, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana, su impulso del Gruppo di Lavoro “Diagnosi ed intervento del Disturbo dello Spettro dell’Autismo”, con la collaborazione della Federazione Italiana Medici Pediatri, sezione provinciale di Palermo. Durante l’incontro è stata evidenziata l’importanza di un approccio globale e del lavoro di rete che tenga conto e sappia fornire risposte adeguate ai bisogni della persona con ASD nelle diverse fasi del ciclo di vita.
Il Disturbo dello Spettro dell’Autismo (ASD) è un disturbo del neurosviluppo a esordio clinico precoce caratterizzato da compromissioni nell’area socio-comunicativa e da pattern di comportamento, interessi e attività, ristretti e stereotipati (APA, 2013). È una condizione connotata da una significativa eterogeneità nelle caratteristiche comportamentali, nel funzionamento intellettivo e nelle traiettorie di sviluppo (APA, 2013; Fuentes et al., 2020). Nella maggior parte dei casi permane per tutta la vita, determinando un impatto significativo sul funzionamento e la qualità di vita in età adulta. Le ricerche condotte sugli adulti hanno, infatti, evidenziato, ridotti livelli di indipendenza, difficoltà di integrazione sociale, scarse prospettive occupazionali e alti tassi di problemi di salute mentale, in particolare nel caso di individui con un QI infantile inferiore a 70 o che non hanno sviluppato un linguaggio funzionale (Lord et al., 2015; Woodman et al., 2016; Fuentes et al., 2020; Lord et al., 2020; Lord et al., 2022). L’impatto dipende anche dalla presenza di condizioni in comorbidità. Le persone con ASD presentano, infatti, una vulnerabilità a problemi di salute mentale significativamente superiore a quella riportata per la popolazione generale. Tra le condizioni comunemente segnalate vi sono: ansia e/o depressione, Disabilità Intellettiva, Disturbo ossessivo-compulsivo, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, disturbi alimentari. (Gillberg et al., 2016; Davignon et al., 2018; Hudson et al., 2019; Fombonne et al., 2020; Micai et al., 2021).
Si tratta di una condizione frequente e di grande rilevanza sociale e sanitaria (Venerosi, 2020), con stime di prevalenza che oscillano tra 1 bambino ogni 59 nati (Baio et al., 2018) e, più recentemente, 1 bambino su 54 (Maenner et al., 2020). Dati italiani, relativi alla regione Toscana, stimano una prevalenza di circa 1 su 87 (Narzisi et al., 2018). Gli elevati costi psicologici e sociali dell’ASD e l’incremento della prevalenza giustifica l’interesse scientifico e la necessità di fornire risposte appropriate, mediante una presa in carico globale che includa:1) trattamenti intensivi precoci per i bimbi piccoli in epoca prescolare o a rischio evolutivo di autismo (Prevenzione secondaria) avendo come obiettivo a lungo termine lo sviluppo di autonomie per l’inclusione sociale e/o lavorativa; 2) interventi efficaci per una vita di qualità per le persone adulte: educazione, lavoro, tempo libero, luoghi di vita diversi dalla famiglia” (Prevenzione terziaria). Il Progetto Individuale di Vita deve essere concepito come una pianificazione di azioni in successione che vedano interagire attorno alla persona il sistema ri-abilitativo, abilitativo, la scuola, la famiglia, la comunità territoriale, le istituzioni, gli ambienti di orientamento lavorativo. Risulta fondamentale l’alleanza tra operatori sanitari, genitori, terapisti e scuola. In questo contesto la scuola si inserisce con proprie strategie e risorse nelle traiettorie di sviluppo individuali e nel progetto individuale (integrazione tra tutte le aree). I documenti cardine per le buone prassi per la presa in carico della persona con ASD al momento disponibili sono: Linee Guida Nazionali e Regionali (2005-2007) e successivi aggiornamenti fino al 2021; Linee Guida Trattamenti (ISS 2011); Piano Nazionale Salute Mentale – Intesa Stato Regioni 2012; L134/2015 e LEA 2017; Piano Unitario Regionale GURS n 32 del 12/7/2019.
La presa in carico e il trattamento devono rispondere: 1) alle esigenze evolutive della persona con ASD (profilo funzionale evolutivo); 2) alle traiettorie individuali secondo un principio bio-psico-sociale; 3) ai bisogni della famiglia. In questo ambito risulta essenziale valutare la sostenibilità familiare dei trattamenti e fornire un adeguato supporto ai genitori. Le attività di support training si traducono in: a) informazioni sulla letteratura scientifica più attuale e le tecniche riabilitative; b) formazione dei genitori per acquisizione di competenze ri-abilitative; c) condivisione tra genitori di emozioni ed elaborazioni difficili, pensieri disfunzionali da sostituire con pensieri funzionali fino alla acquisizione di autoefficacia genitoriale; percorso di verifica dei compiti eseguiti, superamento di paure, percorso di consapevolezza da “protagonista attivo”; d) organizzazione di una valida relazione di attaccamento madre-figlio che rappresenta un fattore protettivo per lo sviluppo neuro-comportamentale del bambino; e) promozione del genitore come “ buon interlocutore sociale”; f) promozione dell’autoefficacia genitoriale.
Gli studi hanno evidenziato che i programmi d’intervento precoce possono modificare le traiettorie di sviluppo, riducendo l’impatto dei deficit sociali e comunicativi (Bradshaw et al., 2015), migliorando le abilità comunicative, di adattamento sociale con conseguente miglioramento del funzionamento generale nel corso della vita. La possibilità di avviare precocemente interventi specifici per l’autismo è subordinata all’identificazione dei bambini a rischio e ad una corretta diagnosi precoce. Un’accurata diagnosi di autismo appare realizzabile non prima dei 2-3 anni (Lord, 1995), età in cui possiamo pensare in parte completato lo sviluppo di alcune competenze che si evolvono nei bambini nei primi anni di vita. Gli studiosi hanno, però, evidenziato la presenza di indicatori precoci o red flags (Heathcock et al., 2015; Zwaigenbaum et al., 2015; Harris, 2017; Dawson, 2018; Wilson et al., 2018), già nel corso del primo e secondo anno di vita:
Già nel corso dei primi due anni di vita è, inoltre, possibile osservare pattern di comportamenti, interessi e attività ristretti e ripetitivi come ad esempio: uso atipico dell’oggetto con tendenza a mettere in fila e a ruotare; interessi ristretti (treni, automobili, dinosauri, oggetti meccanici e palle); movimenti atipici del corpo: posture bizzarre o gesti ripetitivi del corpo, delle braccia, delle mani o delle dita (tra cui hand flapping, movimenti a scatto con le dita, movimenti atipici con le braccia e i piedi durante la deambulazione); comportamenti sensoriali atipici come: esplorazione inusuale dei giocattoli con tendenza a focalizzarsi su alcune parti piuttosto che sull’intero oggetto; osservare l’oggetto ponendosi da angolature inusuali; ipersensibilità uditiva con risposte di evitamento; (Wetherby et al., 2004; Clifford et al., 2013; Zwaungbaum et al., 2015; Soto et al., 2016).
I deficit nella processazione sensoriale che comportano difficoltà nel regolare ed organizzare il tipo e l’intensità delle risposte agli input sensoriali che provengono dall’ambiente o dal corpo possono avere un impatto rilevante sull’adattamento. I bambini possono, infatti, mostrare un comportamento di difesa sensoriale oppure un comportamento di ricerca sensoriale. In riferimento all’area propriocettiva sono state osservate: difficoltà nella manipolazione; scarsa consapevolezza delle posizioni; ricerca di posizioni instabili. Nell’area relativa all’olfatto e al gusto possono essere presenti: rifiuto di alcuni sapori/odori; tendenza ad annusare; ricerca/avversione di cibi con forti sapori; selettività alimentare; conati di vomito; tendenza a leccare o a portare gli oggetti in bocca. Relativamente all’area del tatto potrebbero essere presenti: intolleranza alle operazioni di pulizia; rifiuto a toccare gli oggetti di una certa consistenza; necessità insolita a toccare determinati oggetti o superfici; scarse reazioni al dolore e alla temperatura; ricercare un contatto stretto o rifiuto/fastidio per il contatto fisico; difficoltà a stare con le manine sporche; sensibilità a determinati tessuti.
Tra gli altri indicatori da tenere in considerazione presenti nei primi due anni di vita sono stati descritti: temperamento caratterizzato da maggiore irritabilità, affetto negativo, intolleranza alle frustrazioni e al disagio; scarsa preferenza verso stimoli sociali e pochi comportamenti di orientamento al volto umano. Un ruolo determinante sembrano avere i deficit motori che sono già presenti prima della comparsa dei deficit socio-comunicativi e hanno un impatto sullo sviluppo sociale e comunicativo. Includono: asimmetrie, scarsa variabilità nei passaggi posturali, difficoltà nel mantenere la posizione seduta, acinesia (Harris, 2017; Wilson et al., 2018); deficit di coordinazione motoria, scarso controllo posturale e deficit di equilibrio (Fulceri et al., 2019); ritardi o anomalie nelle reazioni di raddrizzamento nel rotolare dalla posizione supina a prona e carenti reazioni paracadute nella posizione seduta (Teitelbaum et al., 1999); mancanza di iniziativa motoria: ossia difficoltà, negli scambi comunicativi con la madre, a riprodurre movimenti fluidi delle mani e delle braccia, coordinati in modo ritmico e simmetrico con il ritmo del linguaggio materno.
Sebbene non incluso come sintomo di ASD nel DSM 5, molti studi hanno documentato deficit nelle capacità imitative e sembra essere un importante marker precoce per l’insorgenza di autismo (Zwaigenbaum et al., 2005; Rowberry et al., 2015; Soto et al., 2016). Infine, sono rilevanti i deficit di intersoggettività che comportano scarsi comportamenti sociali sincroni: i bambini sono spesso descritti come ipo-attivi, lenti, con pochi contatti oculari, ipomobili (CNOP, 2019). Durante lo scambio diadico con il genitore sono rari o assenti i comportamenti del lattante di offerta al genitore di parti del corpo (inarcamento della pancia, innalzamento del piede, estensione del braccio) per richiamare il genitore a ripetere un gioco divertente. La mancanza della risposta al nome, in combinazione con la diminuita attenzione per i volti umani, e l’assenza di pointing dichiarativo sono considerati tra i più importanti indicatori di autismo in età precoce (Zwaigenbaum et al., 2015).
In questo ambito risulta fondamentale il ruolo del pediatra che ha la possibilità di intercettare precocemente, durante i bilanci di salute, eventuali indicatori precoci di sviluppo atipico e segnalare i bambini presso i centri deputati alla diagnosi (NPI del territorio o strutture ospedaliere accreditate).
La preoccupazione espressa dai genitori su eventuali atipie dello sviluppo e l’attenzione che a questa viene data dal pediatra, consente un invio precoce del bambino ai servizi specialistici (Myers, 2007).
Minimizzare le preoccupazioni può allungare i tempi della prima valutazione (Manohar et al., 2019)
Vi sono diversi strumenti di screening che possono essere utilizzati per l’individuazione di comportamenti atipici:
Una volta individuati indicatori di rischio è opportuno inviare il bambino per una valutazione diagnostica. Il percorso diagnostico è un processo complesso che deve essere individualizzato ed effettuato da professionisti formati e competenti che operano all’interno di equipe pluridisciplinari (Lord et al., 2022). Richiede di integrare più fonti: osservazioni cliniche, utilizzo di test diagnostici affidabili, informazioni fornite dai genitori o altri caregiver, da insegnanti (CNOP, 2019). Inoltre, possono essere utilizzate prove documentali del comportamento attuale, di quello passato e, in generale, una storia dello sviluppo (NICE, 2012; 2021). Considerare più fonti contribuisce ad una maggiore affidabilità e validità della diagnosi che al momento si basa su parametri esclusivamente comportamentali. Sebbene siano disponibili strumenti diagnostici validati per aiutare nella diagnosi differenziale, la valutazione approfondita dell’ASD richiede: tempo, una formazione approfondita ed esperienza nella diagnosi di autismo (Lai et al., 2014).
La valutazione Gold Standard per l’autismo prevede l’esame clinico basato sui criteri diagnostici del DSM 5 supportato da due strumenti standardizzati: Autism Diagnostic Observation Schedule 2 (ADOS 2; Lord et al., 2012) e Autism Diagnostic Interview- Revised (ADI-R; Rutter et al., 2005). In una review di Randall e colleghi (2018) sono stati evidenziati buoni livelli di sensibilità e specificità per entrambi gli strumenti, sebbene tendano a ridursi in presenza di campioni di bambini con ASD associato a Disabilità Intellettiva (rischio di sovradiagnosi). Non esistono al momento prove che l’uso combinato di ADOS e ADI-R migliori l’accuratezza diagnostica dei due strumenti. Il Modulo Toddler dell’ADOS 2 (Lord et al., 2012), adatto per i bambini fino ai 31 mesi di età può essere un valido supporto per la diagnosi precoce e per i follow-up. Le diagnosi effettuate con l’ausilio dell’ADOS-T sono risultate più stabili nel tempo (Guthrie et al., 2013). Anche la Childhood Autism Rating Scale – second edition (CARS 2; Schopler et al., 2010) può esser considerata uno strumento attendibile per supportare la diagnosi di autismo. Una meta-analisi condotta nel 2019 da Moon e collaboratori ha evidenziato valori elevati di sensibilità (compresi tra .71 e .86) e specificità (.79) e buoni livelli di attendibilità (.90). La Checklist for Autism Spectrum Disorder (CASD; Mayes, 2012) rappresenta per l’età evolutiva un valido strumento per una raccolta di informazioni sulle caratteristiche autistiche e sulla storia di sviluppo. Infine, è possibile utilizzare questionari da fare compilare ai genitori o direttamente alla persona con ASD, tra i quali citiamo: Autism Spectrum Rating Scale (ASRS; Goldstein & Naglieri, 2010); Social Communication Questionnaire (SCQ; Rutter et al., 2003), ma la cui utilità come strumento di screening per l’età evolutiva non è confermata (Hollocks et al., 2019); Social Responsiveness Scale-Second Edition (SRS-2; Constantino, 2012) che ha buoni valori di sensibilità (.80), mentre la specificità è più bassa (.60). L’efficacia dello strumento viene ridotta dalla presenza di problemi comportamentali, disturbi del linguaggio, nelle fasce di età più alte, in presenza di deficit cognitivi e ADHD. Entrambi risentono del livello di istruzione e socio-economico della famiglia (Moody et al., 2017).
In considerazione della eterogeneità dei quadri, il DSM-5 sottolinea l’importanza di definire il profilo neuropsicologico delle persone con ASD, in quanto ciò consente di predisporre interventi differenziati e specifici in base ai punti di forza e di debolezza individuati in fase diagnostica. A tale scopo la valutazione dovrà riguardare aree essenziali come l’intelligenza, l’attenzione, le funzioni esecutive, la cognizione sociale e le abilità prassiche (Braconnier & Siper, 2021). Una valutazione approfondita può essere utile per affinare la diagnosi del paziente. Soprattutto, l’indagine dovrebbe evidenziare l’unicità di ciascuna persona con ASD, indipendentemente dalla gravità del disturbo (Braconnier & Siper, 2021). Per la valutazione del funzionamento intellettivo le scale Wechsler risultano quelle più complete in quanto esplorano diverse componenti e consentono di ottenere profili di funzionamento che possono essere tradotti in obiettivi di intervento (Klin et al., 2005) sebbene potrebbero risultare complesse e non adatte a persone con scarse abilità linguistiche. In questi casi è possibile ricorrere a test di intelligenza non verbale come la Leiter International Performance Scale-3 (Roid et al., 2013), le Matrici Progressive Standard, il Comprehensive Test of Nonverbal Intelligence (CTONI-2; Hammill et al., 2009). Questi test sono spesso la scelta più adeguata alle persone con ASD a basso funzionamento, poiché possono essere somministrati senza ricorrere ad istruzioni verbali (Nader et al., 2016). Per la valutazione dei diversi domini cognitivi possono essere utilizzati batterie complete come ad esempio: la NEPSY II (Korman et al., 2007); la Batteria di valutazione neuropsicologica (BVN 5-11; Bisiacchi et al., 2005; BVN 12-18; Gugliotta et al., 2009); l’Esame neuropsicologico breve 3 (ENB 3; Mapelli & Mondini, 2022) adatto per le persone dai 15 ai 96 anni. Possono anche essere scelti strumenti che forniscono informazioni su specifiche funzioni di cui riportiamo solo alcuni esempi, come: la Batteria Attenzione e memoria della Leiter 3, il Test computerizzato dell’attenzione (Di Nuovo, 2013), il Test delle campanelle, la Torre di Londra, Test Neuropsicologico lessicale per l’età evolutiva (TNL). Per le abilità prassiche e la coordinazione motoria possono essere usati APCM-2 (Sabbadini, 2015), il Peabody Developmental Motor Scales (PDMS-2; Rhonda Folio & Fewell, 2017), il Movement Assessment Battery for Children – Second Edition (MABC 2; Henderson et al., 2013).
Un altro aspetto determinante della valutazione dovrebbe riguardare il funzionamento adattivo. Per tale scopo potranno essere usate la Vineland Adaptive Behavior Scales II – Second Edition (Sparrow et al., 2005) e l’ABAS-II (Harrison & Oakland, 2003).
Strumenti utili per la pianificazione dell’intervento sono il Profilo Psico-educativo, terza edizione (PEP 3; Schopler et al., 2005), il Teacch Transition Assessment Profile (TTAP; Mesibov et al., 2007) che valuta il livello di un individuo nelle aree di sviluppo fondamentali per un buon funzionamento nei diversi contesti: familiare, scolastico, lavorativo e il Verbal Behavior Milestones Assessment and Placement Program (VB-MAPP; Sundberg, 2012)
Rispetto al trattamento, in studi recenti (Fuentes et al., 2020; Lai et al., 2020) è stata evidenziata l’importanza di sostenere le persone autistiche, per tutta la durata della vita, massimizzando il potenziale e riducendo al minimo le barriere per promuovere l’inclusione scolastica, lavorativa e sociale. Durante l’infanzia è necessario garantire l’accesso ad un intervento e un’istruzione adeguati il prima possibile. Alcune strategie utili sono: 1) fornire informazioni ai genitori, al personale scolastico ed educativo mediante materiale informativo; 2) implementare interventi individualizzati basati sulle evidenze che sviluppino abilità fondamentali (comunicazione, relazione, autonomia) e i pre-requisiti all’apprendimento. Alternare sessioni strutturate e attività in contesti naturali in modo da offrire opportunità di apprendimento per migliorare l’attenzione condivisa, la comunicazione reciproca e la motivazione; 4) prevedere interventi flessibili e adattarli alle specifiche esigenze del bambino e della famiglia; 5) considerare il bambino nella sua interezza favorendo attività che promuovano il benessere generale, come un buon sonno, un’alimentazione sana e l’esercizio fisico.
A partire dall’inserimento a scuola dell’infanzia/primaria la scelta del corretto intervento psico-educativo diventa una delle principali preoccupazioni. Il requisito fondamentale è che ogni bambino abbia accesso (secondo le sue esigenze) al personale di supporto specializzato, ad insegnanti preparati sulle caratteristiche dell’autismo e una diversità di risorse per l’intervento individuale o in piccoli gruppi. Nel contesto scolastico è probabile che siano necessari adattamenti al curriculum generale per garantire che questo sia appropriato ai profili individuali di abilità e difficoltà. Anche i metodi di insegnamento devono essere modificati per facilitare il raggiungimento degli obiettivi educativi attesi. Le modifiche possono includere l’uso di strategie di comunicazione aumentativa, l’uso di supporti visivi, analisi delle attività e un alto grado di strutturazione del tempo, dell’ambiente e delle attività. È altresì essenziale che le competenze insegnate siano di valore negli anni a venire, con un focus particolare sull’apprendimento pratico di abilità di vita quotidiana e su abilità sociali (Fuentes et al., 2020).
La fase di transizione all’età adulta rappresenta un momento delicato, poiché spesso mancano servizi appropriati per rispondere ai bisogni delle persone con autismo qualunque sia il loro livello cognitivo.
Senza un adeguato supporto, le difficoltà nel far fronte alle richieste scolastiche e sociali può comportare isolamento, esclusione e sviluppo di problematiche psicopatologiche come ansia e depressione. In questa fase bisogna prevedere interventi che mirino a sviluppare autonomie funzionali ed indipendenza, oltre che abilità necessarie per un futuro inserimento lavorativo. L’obiettivo per tutti gli adulti sarà il raggiungimento di buoni livelli di qualità di vita (QoL).
L’età adulta è il periodo più lungo della vita e gli operatori coinvolti nella transizione verso l’età adulta dovrebbero contribuire a stilare un progetto di vita che comprenda tutte le componenti essenziali condivise della vita umana. Questi includono il supporto per una totale o parziale indipendenza, sviluppare relazioni, ridurre la solitudine, superare fasi di vita delicate come il lutto, mantenere una buona salute fisica e mentale, ridurre il rischio di suicidio.
Sebbene gli studi sugli interventi in età adulta abbiano prodotto evidenza limitate, ci sono alcune prove di efficacia per gli interventi che sono stati progettati per migliorare il funzionamento sociale e le abilità adattive (gestione personale ed ambientale, gestione del tempo libero). Risultano, inoltre, importanti i programmi di inserimento lavorativo.
Prendendo spunto da un lavoro di Corti e colleghi del 2017, sono state evidenziate le caratteristiche essenziali di un intervento adatto alle persone autistiche riportate di seguito in modo sintetico (per maggiori dettagli è possibile consultare il documento “Il Disturbo dello Spettro dell’Autismo in età adulta: stato dell’arte e proposte operative per gli psicologi” presente sul sito dell’OPRS). L’intervento deve essere: 1) efficace, ossia basato sulle evidenze e prevedere un processo di misurazione degli esiti; 2) precoce, in quanto aumenta la probabilità di esiti positivi; 3) intensivo; 4) sostenibile, attraverso il coinvolgimento di famiglia e scuola; 5) ecologico, ossia deve fornire adeguato sostegno alla famiglia e alla scuola); 6) Life Span, ossia che preveda la continuità orizzontate e verticale con diverse intensità di trattamento e obiettivi conformi alle esigenze specifiche del ciclo di vita; 7) sensibile alle transizioni fra i servizi in modo da accompagnare la persona nel suo percorso di vita; 8) attento alle psicopatologie sviluppando competenze valutative e cliniche in grado di fronteggiare efficacemente le innumerevoli problematiche psichiatriche che oltre a costituire un elemento di disagio personale considerevole rappresenta la principale fonte di stress famigliare e il principale motivo di istituzionalizzazione; 9) integrato nella rete istituzionale (sinergia tra istituzioni e servizi). Rispetto alla tipologia di intervento, in base a quanto riportato nelle Linee Guida 21 dell’ISS (in fase di aggiornamento) sono consigliati i seguenti: a) interventi mediati dai genitori che hanno un effetto positivo sui comportamenti di comunicazione sociale dei bambini, sulla performance dei genitori e sull’interazione tra genitori e bambini; b) interventi di supporto per le abilità comunicative come ad esempio: comunicazione aumentativa alternativa (CAA), training al linguaggio con i segni, Picture exchange communication system (PECS); c) interventi per la comunicazione sociale e l’interazione: con l’uso di storie sociali, video modeling, ecc…; d) Programmi educativi tra cui il TEACCH (Treatment and education of autistic and related communication handicapped children) che producono miglioramenti sulle abilità motorie, le performance cognitive, il funzionamento sociale e la comunicazione; e) Interventi comportamentali. Gli studi sostengono l’efficacia degli interventi basati sull’Analisi comportamentale applicata (ABA) nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico; f) Terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive behavior therapy, CBT) per il trattamento della comorbidità con i disturbi d’ansia e gestione della rabbia nei bambini con sindrome di Asperger o autismo ad alto funzionamento.
Il Disturbo dello spettro dell’autismo è una condizione complessa e per una adeguata presa in carico della persona è indispensabile prevedere un’alleanza che metta insieme ruoli, professionalità, conoscenze, tecniche e strategie d’intervento differenti, con il fine di creare ambienti di apprendimento rispettosi, integrati e funzionali alla crescita della persona per tutto l’arco di vita e in tutti i contesti. La presa in carico di una persona con ASD non può essere prerogativa di un’unica professione. Le aree sintomatologiche e le sfide che queste determinano anche in ambito educativo richiedono una collaborazione tra professionisti diversi.
Ringraziamenti:
Il presente contribuito è stato realizzato dai membri del gruppo di lavoro che hanno rielaborato il materiale presentato durante l’evento “I disturbi dello spettro dell’autismo: modalità di presa in carico dall’infanzia all’età adulta”.
È doveroso ringraziare per la loro presenza in qualità di organizzatori e relatori:
Infine, si ringrazia la Dott.ssa Rosalia Pennino – Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Palermo.
Bigliografia